domenica 6 dicembre 2015

Le mie romanziere: intervista a Francesco Niccolini

di Simonetta Ottone • Un incontro atteso da tempo, quello con Francesco Niccolini. Un nome e un modo di porre il teatro e la sua scrittura che hanno alimentato la possibilità di agganciare il nostro lavoro sul campo di operatori teatrali, alla vita. Quella dentro e fuori di noi, quella che viviamo o che ci scorre accanto, ma che facciamo nostra, per restituirla attraverso narrazioni di voce, corpo e parola.

 Come ti sei avvicinato al Teatro e alla sua scrittura?
Mi sono laureato in Storia dello Spettacolo a Firenze. L'ho deciso subito al primo anno, dopo aver vissuto una indimenticabile lezione su Luchino Visconti e Giorgio Strehler: decisi che avrei voluto fare teatro. E così è stato. Fino ai trent'anni dividendomi con un altro lavoro (facevo il grafico pubblicitario), poi senza più abbandonare il teatro un solo giorno.

 Nel tuo lavoro sei venuto in contatto con la Toscana?
Sono nato in Toscana, tuttora vivo metà della mia vita a Livorno. In Toscana ho lavorato molto in passato: fino al 2000 ho diretto un festival ad Arezzo, poi mi sono trasferito a Castiglioncello dove insieme a Massimo Paganelli, Fabio Masi e Angela Fumarola ho fondato il festival Inequilibrio. Castello Pasquini è stato un posto speciale nella mia vita per molti anni e non nascondo di ripensarci spesso. Nel frattempo ho lavorato lontano con molti grandi artisti (Marco Paolini su tutti) ma alcune cose ho potuto farle anche in Toscana, in tutti gli ambiti delle arti dal vivo: con Roberto Castello e Giorgio Rossi nella danza, Bruno De Franceschi nella lirica, e poi ho scritto testi per Anna Meacci, Sandro Lombardi, Letizia Pardi, Fabrizio Cassanelli. Nel 2006 ho realizzato uno dei lavori che ho amato di più: “La Grande Guerra dell'Arno”, uno spettacolo evento per i 40 anni dell'Alluvione a Firenze. In scena tre grandissimi amici: Sandro Lombardi, Marco Paolini e Anna Meacci. Una esperienza bellissima e indimenticabile che sto per riprendere con Arca Azzurra e con un testo rinnovato.

 Chi sono i tuoi riferimenti, i tuoi Maestri? Qualcuno di questi è una donna?
Più che maestri, direi grandissimi compagni di viaggio dai quali ho imparato moltissimo: alcuni in carne e ossa, altri per le parole che hanno lasciato e sulle quali mi sono formato. Sì, la mia vita teatrale ha una fortissima base come lettore di grandi romanzieri. Marguerite Yourcenar, Irène Némirovsky ed Elena Ferrante su tutti. E poi qualche caso speciale, tipo quello di Patrizia Runfola, una scrittrice siciliana decisamente poco nota, ma secondo me una stella di prima grandezza che ha avuto poco tempo per poter brillare.

 Cosa pensi del rapporto donna e teatro, donna e scrittura, donna e arte?
Non ho mai fatto una distinzione uomo/donna in questa materia. Ho lavorato con grandi artisti, il loro genere è sempre stato una questione secondaria: sulla scena non ho mai sentito differenza o fatto distinzioni. Cerco di lavorare con grandi professionisti, dotati di talento e dedizione. Fra questi, sicuramente delle donne speciali, su tutte Angela Finocchiaro, Laura Curino e Anna Bonaiuto.

 Ci sono in Italia donne autrici che fanno la differenza?  
Emma Dante, Lucia Calamaro ed Elena Stancanelli sono i primi nomi che mi vengono in mente.

 Che spazio ha attualmente in Italia il teatro contemporaneo?
Non so se sono in grado di fare un'analisi seria delle forme del teatro italiano contemporaneo: di sicuro siamo vittime più di ogni altro paese d'Europa di un sistema che privilegia le star (della televisione) e i testi classici. C'è pochissima curiosità e voglia di rischiare sul contemporaneo. Ma c'è anche una scarsissima fiducia dello Stato nel riconoscere un ruolo fondamentale della creazione nella cultura italiana. Questa è la vera tragedia. E un sistema lobbistico, dove chi è dentro è bello saldo, chi è fuori resta fuori, e gli unici spiragli sono per gli amici del partito giusto in quella regione o in quella spartizione. Una volta Massimo Paganelli ebbe a dire di me a un regista amico che sono senza partiti né padrini alle spalle, e per questo non avrei mai potuto accedere ai posti importanti. Lo prendo come un grande complimento, anche se con evidente amarezza.

 Che sistema ci manca rispetto a altri paesi europei?
Ci mancano i soldi spesi bene, manca convinzione e una reale capacità di scegliere la qualità, invece degli amici e i finti borderò. Ci manca la voglia di andare contro il gusto di un pubblico moribondo per una parte e televisivo per l'altra.

 Trovi che la società in cui viviamo sia violenta nei confronti delle donne?
Trovo che ci sia molta violenza, e che le donne ne paghino il prezzo più feroce insieme ai bambini. Immagino che sia il frutto di millenni di società patriarcale, dove la violenza ha sempre avuto molto più spazio del diritto.

 C'è una sperequazione di potere e opportunità fra i due generi?
Meno che in passato forse, ma sicuramente ancora sì. Però in questa materia rischio di essere molto generico: a me sembra ormai che la sperequazione sia fra chi ha un posto fisso e garantito e tutti coloro che devono stringere i denti senza nessuna garanzia, con pagamenti sempre più in ritardo e l'obbligo di cedere a molti ricatti pur di lavorare.

 Che senso di appartenenza ha questo lavoro  a un contesto civico e politico?
Non esiste teatro senza una comunità di fronte alla quale generare l'atto teatrale. Non c'è teatro fuori dalla città, nel senso più radicale di civitas. Chi mi conosce sa bene che il mio teatro, i miei documentari, i miei libri a fumetti sono tutti segnati da un fortissimo impegno civile e politico, non dentro uno schieramento partitico. Faccio un esempio per me importante: da un paio di anni sto lavorando a una trilogia di racconti con tre attori pugliesi con i quali vorrei raccontare le esperienze e le vite di Antonio Gramsci, don Lorenzo Milani e Danilo Dolci. Credo che si possa intuire da che parte sto, e non faccio nulla per nasconderlo.

 Che importanza hanno nella nostra società la cultura e in particolare il Teatro?
Nella società italiana pochissima. All'estero molto di più: altrove c'è ancora un riconoscimento forte tra un'idea di cultura, nazione, popolo, creazione contemporanea. Da noi prevale un'idea archeologica della cultura e dell'arte, ci piace illuderci che un passato ormai lontanissimo continui a fare dell'Italia la culla della cultura, ma è un atteggiamento perdente e si vede. Noi ormai siamo l'estrema periferia di un mondo che viaggia a ben altra velocità e con ben altri orizzonti, sogni e interessi.

  Prossimi progetti
A marzo debutterà un grosso spettacolo di teatro in musica che ho scritto per Eugenio Finardi, una decina di giovani attori e la regia di Emanuele Gamba. Incredibile ma vero, la produzione (Todo Modo) è livornese... cosa che mi sorprende e mi rende felice. Fare le riunioni a casa mia e andare alle prove a piedi mi pare innaturale... ad aprile inizierò le prove a San Casciano con Arca Azzurra sullo spettacolo per i 50 anni dell'alluvione: due spettacoli in Toscana... mi pare bellissimo.
Per il resto, i miei progetti insistono intorno a un solo centro: cercare di fare cose belle. Spettacoli, libri e documentari che creino emozione, che lacerino pance e menti, che generino indignazione oppure provochino il batticuore, sempre nel rispetto della verità, senza menzogne, al massimo inventando, ma sempre e rigorosamente senza menzogne. Con i pochi, poveri strumenti a mia disposizione: corpi d'attore, mani di disegnatori, parole, musica, qualche luce, un po' di colore, partendo sempre da una pagina bianca. Mai da solo, sempre in viaggio con altri amici, artigiani, artisti verso i quali provo una profonda stima e un grande piacere nel condividere le stagioni della mia vita.

sabato 28 novembre 2015

Va bene anche un candidato donna?

di Simona Volpi • Professioni tecniche e scientifiche al femminile: ancora molto scetticismo nella selezione. 

Quando un selezionatore riceve da un'azienda la richiesta di ricercare profili informatici (programmatori, sistemisti, analisti, sviluppatori) o scientifici (ingegneri, chimici, matematici),  sa che la prima domanda che "deve" fare è, ancora oggi: va bene anche un candidato donna?.
Questo perchè ancora sono molto radicati pregiudizi e stereotipi, e dunque molti gli scettici (specie fra i datori di lavoro più anziani), che nemmeno riescono bene a concepire come a una donna possano piacere certi ambiti.
Così, mi è capitato di sentire molta incredulità, nelle parole di un titolare di azienda informatica, nei confronti di una programmatrice neolaureata con la passione dell'informatica e della tecnica informatica sin da bambina… tutt'al più una donna informatica l'avrebbe vista idonea come assistente telefonica di clienti, alle prese con problemi informatici di piccolo conto.
Un esempio di una situazione che si ripete in tutti i settori per cui si selezionano operatori tecnici quali ingegneri meccanici, edili, elettronici o periti meccanici. Le statistiche parlano chiaro: da recenti studi fatti sulle professioni tecniche-scientifiche in Europa, il numero delle donne con alti livelli di istruzione e competenze in questi settori è in continua crescita, ma resta invariato il forte gap dal punto di vista sia della percentuale di occupazione sia della retribuzione rispetto agli uomini. L' Italia è nella media europea di occupabilità in questi settori ma le donne si trovano sempre in una posizione molto penalizzata in fatto di percorsi di carriera e retribuzione.
Ma quanto devono ancora faticare le donne per lavorare in condizioni eque e poter dimostrare le loro capacità in queste posizioni lavorative? E' solo implementando delle politiche di promozione dell'uguaglianza lavorativa di genere in tutti i campi di studio e a tutti i livelli delle carriere tecnico-scientifiche, che si potrà superare questo livello, ancora troppo basso, di presenza delle donne nelle discipline e nelle carriere scientifiche in Italia e in Europa. Qualcosa che richiede anche un salto evolutivo nella formazione mentale di coloro che scelgono le persone da assumere: devono sapere che in questi settori le donne laureate sono in forte crescita e con ottimi risultati. Non possono continuare ad emarginarle a ruoli secondari e con stipendi poco soddisfacenti.

giovedì 26 novembre 2015

One Billion Rising Revolution 2016

di Simonetta Ottone • Nella Giornata Internazionale contro la violenza One Billion Rising ha lanciato la nuova campagna 2016, per gli eventi del prossimo 14 febbraio.
Ci sono vagine in sala? gridava alla platea, nel 1994, Eve Ensler, alla prima rappresentazione de I monologhi della vagina; e poi ancora in tutto il mondo, negli anni che seguirono.  

Le donne rispondevano: si!…  Era questo un modo di affermare pubblicamente che i loro corpi erano pronti per una rivoluzione. Quello che era cominciato come un’opera teatrale si è trasformato in un movimento internazionale, il V-Day, con l’obiettivo di porre fine alla violenza contro le donne, sfidando le disparità culturali, sociali, razziali ed economiche che gravano su più della metà della popolazione mondiale. Nel 2013 la Ensler ha fatto compiere al movimento un altro passo avanti lanciando One Billion Rising, e riuscendo a far ballare insieme, contro la violenza, un miliardo di donne e uomini in oltre 200 nazioni nel giorno di San Valentino, il 14 febbraio. Ancora nel 2014 e nel 2015 l'appuntamento si è ripetuto con un’adesione crescente a livello globale, levando voci contro la violenza sulle donne e aprendo un nuovo dibattito globale sui diritti, il razzismo, le disuguaglianze economiche e le guerre dichiarate sui corpi delle donne in tutto il mondo. Grazie agli attivisti della manifestazione molte leggi sono cambiate negli anni, molti diritti ripristinati e molte opportunità sono state aperte in diverse comunità e nazioni, soprattutto nei paesi in via di sviluppo. 

La campagna One Billion Rising 2016
Il 14 febbraio 2016 sarà il quarto appuntamento, sul tema della Rivoluzione continua: ed è focalizzato quest'anno sulle donne emarginate, con azioni sempre più audaci, coraggiose, creative e determinate.

Ascolta! agisci! partecipa! / Listen! Act! Rise!
Portare l’attenzione al dramma delle persone profughe, in cerca di scampo dalle guerre e di asilo. La crudezza di questa realtà ci assedia da vicino, dal mare esonda ovunque invadendo le nostre strade col suo carico di corpi offesi, vivi e morti, alimentando paure e con esse rabbia e diffidenza. Respingimento e repressione non potranno arrestare il popolo migrante: il suo non è uno spostamento dovuto alla ricerca di una vita migliore, ma l'esodo disperato di chi tenta di salvare la propria vita.

Un'alleanza globale
L’obiettivo diventa indagare e praticare esperienze civili e sociali nuove, improntate a politiche e forme di governo altre, che consentano di affrontare in maniera nuova gli impegni presi operativamente da chiunque si collochi nell’ambito del sociale, del politico, del culturale. C’è uno scarto tra gli esseri umani e il mondo per come esso si è venuto costruendo. Guardare questo scarto significa anche concepire strumenti di cambiamento per niente virtuali, al contrario, in grado di proporsi in un’interezza oggi persa, nella quale la vita di ogni singola persona sia considerata preziosa. Le donne possono e debbono prendersi cura del mondo e dei suoi abitanti. One Billion Rising si stringe in una alleanza globale con le donne e gli uomini di tutto il mondo con questo primario e irrinunciabile obiettivo.

Adesioni e iniziative, fin dal 25 novembre
ONE BILLION RISING in collaborazione con Differenza Donna e l'adesione di D.I.RE, Emergency, CGIL, Terre des hommes, Federazione Nazionale Associazioni Scuole Danza FNASD, ArciLesbica e molte altre associazioni e scuole, in occasione della Giornata Internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, ha avviato il 25 novembre eventi con letture, danze, flash mob in numerose città italiane, da Trieste a Pistoia, da Bergamo a Viareggio, da Trieste a Pavia, da Napoli a Parma, da Livorno a Modena. Migliaia di altre iniziative anche in Europa e negli Stati Uniti, nonché in India, nelle Filippine, in Messico e, per la prima volta, anche a Cuba, dove Eve Ensler ha portato in scena di recente I monologhi della vagina.

mercoledì 18 novembre 2015

Per il 25 novembre in Toscana: il teatrodanza tra i molti incontri contro la violenza

di Simona Volpi • Tantissime le iniziative in Toscana in occasione di questa importante giornata: incontri, corsi, letture, presentazioni di film e libri. 

Sarà una giornata che andrà oltre il simbolico, poiché permetterà alle donne di ritrovarsi intorno a programmi comuni, da vivere insieme nelle più diverse situazioni. Infatti, nei territori più sensibili, si è riusciti a coinvolgere le scuole, la cittadinanza attiva, la rete di associazioni impegnate in temi civili e i centri antiviolenza che, anche se tra molte difficoltà, sono stati in prima linea nell’organizzare appuntamenti importanti. Fra i vari progetti, il Coordinamento Donne di Spi-Cgil Toscana ha annunciato che i video realizzati da oltre 600 studenti medi per il concorso "Io voglio vivere" saranno messi in rete sul sito del sindacato, e che nelle contrattazioni sindacali saranno inclusi i temi della medicina di genere.
Mercoledì 25 Novembre sarà anche l’occasione per far continuare il viaggio a progetti che ormai da anni girano l’Italia, come per consegnare semi. Fra questi anche TUA, spettacolo di teatrodanza incentrato sul tema della Violenza di genere (dell'Associazione Compagnia DanzArte). In due anni dal debutto TUA ha girato tanti luoghi e contesti, incontrando centinaia di persone, entrando nelle scuole, invitando a riflettere e ad agire sulle striscianti, infinite, forme di violenza che scaturiscono dal nostro modo di concepire la società italiana (S. Ottone). E in questo il teatrodanza, compendio dei maggiori linguaggi artistici, è uno strumento potente, che sfida ogni crisi.
Il 25 Novembre TUA sarà al Teatro Comunale Niccolini di San Casciano Val di Pesa (FI), sostenuto da Comune di San Casciano V.d.P., Assessorato alle Pari Opportunità e Compagnia di TeatroDanza XE. Dopo lo spettacolo l'autrice incontrerà esponenti dell'associazione Artemisia, delle Istituzioni e il pubblico.



lunedì 16 novembre 2015

Libera dalla paura. La vittoria di San Suu Kyi: il trionfo di una nuova visione

di Simonetta Ottone •  Credo che questa sarà per me la croce più pesante da portare… il sentimento di non poter mai fare abbastanza per meritare tutta questa fiducia e affetto (Aung San Suu Kyi, da "Libera dalla paura")
9 Novembre 2015, è’ festa grande in Birmania: sono in migliaia che danzano tutta la notte  sotto una forte pioggia. «Stiamo sereni e calmi. Il vincitore deve rimanere umile ed evitare di offendere gli altri. La vera vittoria è del Paese, non di un gruppo o di singoli», dice Aung San Suu Kyi che sembra essere in vantaggio.
Aung San Suu Kyi vince in Birmania. La Lega nazionale per la democrazia, ha conquistato i due terzi dei voti in seguito alle elezioni legislative dell’8 novembre. Un quarto dei seggi resta ai militari. La costituzione (modificata appositamente) vieta a Suu Kyi di diventare presidente, ma la leader della Lega nazionale ha dichiarato che guiderà ugualmente il paese in caso di vittoria. Una storia incredibile quella di Aung San,  70 anni di vita totalmente messi a disposizione della libertà del suo popolo.
Indomabile dissidente birmana, Premio Nobel per la Pace 1991, 15 anni di arresti domiciliari lontana dai figli e dal marito (che perderà in Inghilterra senza poterlo assistere nella malattia). Guida elettiva di un popolo del terzo mondo nel difficile cammino verso l’autodeterminazione e la liberazione da una dittatura spietata. E i birmani, popolo con un reddito procapite tra i più bassi del pianeta, hanno dato vita a un’affluenza record dell’80%: era l’ultima occasione per portare democrazia nel Paese. La leader democratica che si batte pacificamente da decenni contro il regime dei generali sa tuttavia che per formare un governo e in un secondo momento cambiare la Costituzione dovrà trattare sia con l’USDP, partito sostenuto dall'ex giunta militare, sia con le minoranze etniche. E poi deve attendere la vera reazione dei generali.
La prudenza della signora Suu Kyi è giustificata non solo dal passato - elezioni truccate, le battaglie di suo padre e sua madre prima di lei, la contestata vittoria scippata nel 1990 dopo la quale la figlia del fondatore della Birmania indipendente conosce gli arresti e l’impossibilità di lasciare il Paese pena il divieto di tornare - ma anche dalla necessità di evitare lo scontro con i militari.
Con Aung San Suu Kyi, come fu con Nelson Mandela, trionfa un nuovo modo di fare politica, che investe tutto sull’alleanza da costruire con le persone, che rifiuta logiche coercitive, violenze e integralismi di tipo culturale, religioso, economico, metodologico, che mostra mani piccole e nude di una donna che racchiude, in un corpo di poco più un metro e mezzo, una forza di coerenza davvero titanica.

E’ la capacità di pensare e agire la politica che è innovativo, al punto da mettere in discussione, radicalmente, il modello di sviluppo dei paesi cosiddetti “avanzati”, se per avanzata si può definire l’infausta tendenza a  configurazioni di politica internazionale che mettano in conto di produrre, come fossero inevitabili,  “effetti collaterali” basati sulla sperequazione, sbilanciamenti di sfere d’influenza,  traffici di ogni tipo, depauperamento di ricchezze e di opportunità tra paesi del primo e del terzo mondo, come ci confermano dolorosamente la recrudescenza di conflitti al di fuori di ogni controllo e prevedibilità che bussano alla nostra porta di casa.
E oggi, in questa Domenica stordita del 15 Novembre 2015,  sono queste, le sue,  le uniche parole che si possano pronunciare: Non è sufficiente limitarsi a invocare libertà, democrazia e diritti umani. Deve esistere la determinazione compatta di perseverare nella lotta, di sopportare sacrifici in nome di verità imperiture, per resistere alle influenze corruttrici del desiderio, della malevolenza, dell’ignoranza e della paura (…) gli uomini liberi sono gli oppressi che insistono e che in questo processo si preparano ad assumere le responsabilità e a sostenere le discipline che mantengono una società libera (…).

mercoledì 11 novembre 2015

Tre ghinee per prevenire una guerra. La Virtù dell'oscurità in scena a Prato

Cosa possiamo fare per prevenire la guerra? Questo si chiedeva Virginia Woolf nel 1936, con l'Europa sull'orlo di un nuovo spaventoso conflitto, mentre scriveva il saggio Le tre ghinee, immaginando di rispondere alle richieste di finanziare tre iniziative: per la pace, per l'istruzione femminile e per l'accesso delle donne alle professioni. 
Nelle sue risposte una riflessione che mostra come le tre cause siano inseparabili; come alla radice di tutto ci sia il potere garantito dalla violenza, uno stesso meccanismo che produce il patriarcato e il fascismo, che fa l'uomo protagonista del contesto sociale mentre isola la donna nella sfera privata, alienando entrambi
La differenza uomo-donna può, e deve, generare nella donna l'indifferenza per i valori politici e morali della cultura maschileImmaginando di possedere 3 ghinee, la sua scelta fu di devolvere una ghinea al college femminile a condizione che vi si insegnassero medicina, matematica, musica, pittura, letteratura. E l'arte dei rapporti umani; l'arte di comprendere la vita e la mente degli altri, insieme alle arti minori che le completano: l'arte di conversare, di vestire, di cucinare. Arti che portano pace perché uniscono le persone, s'insegnano con poca spesa e sono alla portata anche dei poveri. Nel college non dovranno invece essere insegnate le arti che dividono, opprimono e producono guerre, quali il saper governare, uccidere, accumulare terre e capitali. 
Una seconda ghinea per l'associazione volta a favorire l'accesso indipendente delle donne alle libere professioni, ma in ambiti non gestiti o influenzati da uomini: se le professioni potessero essere esercitate dalle donne, infatti, ne sarebbero trasformate grazie al diverso modo di essere del femminile, e  anche di qui verrebbe un importante impulso contro ogni guerra.
Una terza ghinea, infine, a un'associazione pacifista maschile; auspicando però anche la nascita di un'associazione pacifista femminile, che lei chiamerebbe «Società delle Estranee»: formata da figlie di uomini colti, e priva di qualunque sede, comitato o segreteria; un'associazione che non convocherà riunioni né convegni; né cerimonie o giuramenti. Il primo dovere delle aderenti dev'esser solo di non imbracciare mai le armi e di rifiutarsi, in caso di guerra, sia di fabbricare armi sia di prestarsi ad ogni altro contributo, incluso partecipare come infermiere. Il loro compito non è di incitare i fratelli a combattere, e nemmeno di dissuaderli a farlo: ma solo di mantenere un atteggiamento di estraneità: totale distacco e indifferenza. L'indifferenza (come la partecipazione) nasce dai fatti, ed è un fatto che la donna non capisce l'istinto che spinge il fratello a combattere, la gloria, l'interesse, la virile soddisfazione che il combattimento gli offre
L'istinto del combattimento è una caratteristica sessuale che lei non può condividere e nemmeno giudicare. Da qui il distacco che occorre tenere di fronte a un impulso completamente estraneo alle donne, tanto estraneo quanto sono riusciti a renderlo secoli di tradizione e di educazione. E' questa la distinzione fondamentale e profonda su cui può poggiare l'indifferenza. In tutto ciò la Woolf vede nelle donne una differenza foriera di impulso positivo ove capace di rifiutare una cultura inaccettabile e invasiva, la cultura maschile dominante.
Osservando impietosamente le eterne cause, che sempre lavorano anche in ognuno di noi, della violenza - vanità, brama di onori, di fama e potere, mettendo a confronto il punto di vista femminile e maschile sul tema del conflitto, Virginia Woolf invita a riconoscere i germi delle dittature.
Nell'aprile 1938, concluso questo lavoro, Virginia scrisse nel suo diario: e così Hitler sta accarezzando i suoi spinosi baffetti, e l'intero mondo trema; il mio libro sarà forse come una farfalla su un falò che si consuma in meno di un secondo.
Il riadattamento per la scena di questo saggio ne mostra tutta l'attualità, nell'interpretazione di Elena Ghiaurov che però non si esprime solo come un monologo: altri attori portano in scena diversi materiali citati nel saggio: articoli di giornale, frammenti di biografie, citazioni letterarie.
Con Elena Ghiaurov anche Massimo Castri, Luca Ronconi, Giancarlo Cobelli, Gabriele Lavia.  
Lo spettacolo, scritto e diretto dalle drammaturghe Paola Bigatto e Lisa Capaccioli, è una riflessione tutta femminile sul ruolo delle donne nella società, e sulla necessità di nutrirsi di nuove parole e suscitare nuove azioni contro ogni cultura della predazione.
Dal'11 al 29 novembre, Teatro Magnolfi. Posto unico 7 euro; info e prenotazioni tel. 0574/608501

domenica 1 novembre 2015

Fiabe all'indice. Oggi non è il giorno della sintesi, ma dell'approfondimento: una lettera di Daniela Morozzi

di Simonetta Ottone • A Massa Carrara una bambina ritirata da scuola, a causa della lettura di alcune fiabe presentate nell'ambito del Laboratorio Rosaceleste del Progetto formativo Liber* tutt*, condotto da Irene Biemmi (autrice delle fiabe incriminate) insieme a Daniela Morozzi (attrice). 
[Una storia che, tragi(comi)camente, fa venire in mente altri tentativi di messa all'indice: vi ricordate quando un consigliere leghista chiese di proibire a scuola - come moralmente pericoloso, addirittura il diario di Anna Frank??].
Tornando alle fiabe di Massa Carrara, ecco ciò che scrive in merito la Morozzi:
I corsi di Formazione della prof.ssa Irene Biemmi, il nostro laboratorio ‘Rosaceleste” di cui io curo la parte squisitamente teatrale, e l’utilizzo anche degli albi illustrati editi dalla casa editrice Giralangolo - Sottosopra l’oggetto della polemica di Massa Carrara!!!!
Ieri è stata una lunga giornata. Svegliarsi con la notizia apparsa su tutti i quotidiani del ritiro di una bambina, da parte della famiglia, dalla Scuola di Massa Carrara a seguito del Corso diFormazione Liber*tutt* finanziato dalla Regione e coordinato mirabilmente da Provincia e da Fondazione Toscana Spettacolo, mi ha davvero toccato. 
Una lunga giornata anche perché questa volta io sono parte attiva. E il telefono ha squillato tutto il giorno, per capire, pensare e rispondere con l’attenzione che la questione merita. Sono due anni che partecipo al Progetto Liber*tutt* affiancando, per la parte teatrale, la ricerca Prof.ssa Irene Biemmi tratta in particolare dal suo libro, ormai alla terza edizione, Educazione sessista.Stereotipi di genere nei libri delle elementari (Ed. Rosenberg e Sellier). Noi in realtà siamo solo uno dei corsi proposti a oltre 35 scuole di ogni ordine e grado dal progetto. Tante le competenze professionali in campo, tutte di altissimo livello e seguite dalla Provincia di Massa e da Fondazione, con una cura rara, conferma di quanto le cosiddette “buone pratiche“, esistano e pulsino vive intorno a noi. Farne parte, per me, un onore. Scopro comunque dai quotidiani che il fatto incriminato è proprio nei corsi di formazione di Irene e Rosaceleste, il nostro laboratorio rivolto ai bambini della scuola di primo e secondo grado. 
Il progetto, a cui lavoriamo da ormai tre anni, è approdato ad una Conferenza-spettacolo prodotta e curata da Occupazioni Farsesche, con cui giriamo l’Italia, realizzata con collaborazioni eccellenti. Tutto nasce con lo scopo di unire l’intervento artistico e scientifico per evitare che i bambini crescano con l’idea di “essere” bruti e irosi e le bambine di “essere” angosciate e mortificate e vuole denunciare le discriminazioni che si continuano a perpetuare, proprio partendo dall’ambito educativo, primo luogo di nascita e conservazione dello stereotipo di genere. 
E’ un’ esperienza straordinaria, illuminante, emozionante. Per noi e, sono certa, anche per i bambini e le bambine che hanno partecipato. Durante il nostro corso-laboratorio, tra le tante attività proposte alle classi, c’é anche la lettura integrale e una discussione libera appassionata, degli albi illustrati pubblicati dalla Casa Editrice Giralangolo, la cui collana sottosopra è curata proprio da Irene Biemmi, due testi su tutti: ‘La Principessa e il Drago’ e ‘Una bambola per Alberto’, di cui inserisco solo il bellissimo e inequivocabile finale. Alla domanda del babbo “Ma Alberto che bisogno ha di avere una bambola?” la nonna risponde: “Ne ha bisogno eccome, per poterla cullare, abbracciare e accompagnarla al parco. Così quando sarà un papà come te, saprà come prendersi cura del suo bambino, dargli da mangiare, volergli tanto bene e regalargli le cose che davvero desidera, come una bambola per esempio, per allenarsi diventare un buon papà.” (Sulla pagina Facebook di Giralangolo trovate i due testi integrali da leggere). 
Noi crediamo che né la famiglia, né il Vescovo, né l’Associazione pro-Vita, né le forze politiche di destra che hanno subito appoggiato ed esasperato la polemica abbiano letto i testi, né che abbiano visto i numerosi video fatti durante il lavoro, né che abbiano letto scopi e obiettivi del Progetto. Si è scambiata volutamente l’educazione sessuale con l’educazione di genere, una precisa distorsione della realtà per bloccare, ancora e di nuovo, ogni tentativo di parlare in modo corretto e approfondito della questione. Questo progetto nasce e si basa su presupposti pedagogici che hanno a che fare con l’uguaglianza e la non discriminazione, dice Irene Biemmi oggi su Il fatto Quotidiano: "l’educazione sessuale e l’educazione di genere sono due cose diverse. Sono state messe insieme volutamente per creare paura. Insinuare il timore che al proprio figlio a scuola si facciano leggere delle favole che spingono i maschi a diventare omosessuali è un metodo di propaganda”. Questo è il punto!!! 
Crediamo che sia arrivato il momento di fare chiarezza e di dire la nostra continuando a lavorare con serietà, senza ideologie, consapevoli che qui si gioca molto del futuro dei nostri bambini e delle nostre bambine, futuri uomini e donne di questo Paese. E non ci fermeremo. Comunque se ieri è stata una lunga giornata, oggi è una bella mattinata. 
Mi sveglia la lettura del Presidente della Regione Enrico Rossi che su un video di Repubblica legge integralmente la storia de “La Principessa e il Drago” per offrire a tutti la possibilità di giudicare e scegliere. La buona politica è sempre l’unica possibilità per coltivare il futuro. 
E allora, oggi, è davvero un buongiorno!
Daniela Morozzi, 30 ottobre 2015

sabato 24 ottobre 2015

About your body: workshop di fotografia a Siena per sole donne

Oggi e domani ad Asciano Siena un workshop solo per donne, sul tema del corpo femminile e del concetto di bellezza.
Si tratta di un progetto alla sua terza edizione, nato da una ricerca avviata dalla fotografa Vanessa Rusci nel 1999, in collaborazione con psicologhe e associazioni sui temi di Anoressia e Bulimia. Un percorso da cui sono nati due lavori: Ana [Istallazione fotografica interattiva finanziata nel 2005 dall'Universita di Siena] e So Ugly [performance e istallazione del 2006 finanziata da 2 enti inglese: l'Associazione Women's research e il Bath Photography Institute].
Ora, invitando a About your body 2015, scrive la promotrice: il workshop tratterà di Donne e Bellezza: comincia a scoprire da dove nasce la "perfezione", poi c'è la bellezza. La bellezza è la somma di tanti piccoli fattori: carisma, fascino, eleganza, spontaneità e molti altri mixati tutti insieme. Con la fotografia si colgono attimi, si raccontano tratti di quell'enormità che è la nostra immagine.
E viene un mente un post che è uscito, anch'esso, proprio oggi…  [su Amore contro ana, uno dei blog più pro-attivi in tema di autocoscienza e disturbi alimentari]. Un post che comincia così: 
No. Tu non sei i tuoi anni, né la taglia che indossi, non sei il tuo peso o il colore dei tuoi capelli. Non sei il tuo nome, o le fossette sulle tue guance
Si, chi sei, cosa sei davvero tu? cosa siamo noi? Leggete la risposta nell'intera poesia, qui.

domenica 18 ottobre 2015

Violenza: a Massa Carrara, lavoro sul campo

di Simonetta Ottone • Incontro Francesca Menconi, Presidente del Centro Italiano Femminile di Carrara. Mi racconta che CIF Carrara Onlus nasce per rispondere alle richieste di aiuto delle donne che vivono situazioni di disagio, sopraffazione e violenza. 

Dal 2010 gestisce il Centro "Donna chiama Donna" del Comune di Carrara, con volontarie e professioniste avvocate, mediatrici familiari, psicologhe e psicoterapeute preparate per l´ascolto, l´aiuto e il sostegno alle persone in difficoltà, offrendo consulenze psicologiche e/o legali gratuite, garantendo l´anonimato e il diritto alla riservatezza. C'è una reperibilità continua nell'arco delle 24 ore, opera in rete con gli Enti del territorio, l´Azienda Usl 1 di Massa-Carrara, le Forze dell´Ordine, Centri Antiviolenza della Regione ed altre associazioni di volontariato. Da poco è attivato il Codice Rosa, si sta concludendo la prima fase di attuazione, ma c'è bisogno di un regolamento delle varie procedure. CIF Carrara opera mediante l’attività volontaria delle aderenti, impegnate nei vari settori.
Fa parte di un coordinamento regionale di Centri antiviolenza, chiamato "Ginestra". "E' importante coordinarsi stare in contatto", mi spiega Francesca, "Ginestra è un luogo fisico, simbolico e politico di elaborazione e proposta, di condivisione e valorizzazione dei saperi elaborati dai Centri, di promozione di buone pratiche, di impegno per una crescita culturale che conduca ad una condanna sociale del fenomeno della violenza contro le donne. E´ uno spazio accogliente e aperto al dialogo che unisce donne che attuano la pratica della relazione fra donne, che vivono l´attività di cura come valore di dignità e condividono il pensiero della differenza.
La diversità fra queste Associazioni che si sono unite rappresenta la loro forza e la loro ricchezza." Mi colpisce il nome di fiore, ginestra, di un fiore così privo di vezzi, combattivo, che cresce anche nelle avversità.
"Dal tuo osservatorio sul campo, come pensi si possa contrastare l'attuale fenomeno della violenza sulle donne?", le chiedo in modo diretto, senza troppi giri di parole "non si dà sufficiente importanza alla prevenzione, all'educazione di genere. Noi andiamo nelle scuole, che dovrebbero ricevere più azioni di informazione e educazione su questo: tra ragazzi non c'è il riconoscimento della violenza. Non la sanno individuare e affrontare. Quando la violenza avviene, ha costi sociali e economici molto alti: tenere una donna con i figli in una casa apposita, costa molto. Non si interviene in tempo, prima che la relazione esploda; ci ritroviamo donne malmenate che vanno dai medici di famiglia, che le rimandano a casa dai mariti, non refertano lesioni, non rilasciano niente in mano alla donna. Solo il Pronto Soccorso in questo senso oggi è più responsabile." 
Ogni volta rimango interdetta: ancora oggi chi opera nel pubblico ha enormi difficoltà e rallentamenti a capire quando ci si trovi di fronte alla violenza. "Anche la Legge Letta", continua Francesca "ha bisogno di tempo per far emergere criticità. Un uomo che esercita violenza deve fare un percorso di rieducazione e bisogna metterci in grado di capire come intervenire prima che entri nella curva crescente del fenomeno. L'uomo non serve sia odiato e se è lui il nostro nemico, come purtroppo è, bisogna conoscerlo, capire che dinamiche lo muovono. Il meccanismo vittima - carnefice c'è se ognuno alimenta questi ruoli. Va capito cosa non va nella relazione di genere".
Sono d'accordo ed è ciò che risulta da più punti di vista. Ognuno di questi è unico e connesso con gli altri e colpisce che sia così difficile avanzare in modo strutturale. Francesca è una donna solare, piena di parole e di energia: le ore passano veloci con lei e mi rimane la sensazione che forse sì, se le donne incanalano insieme le loro azioni e intenzioni, per forza qualcosa, o meglio tanto, cambierà.

domenica 11 ottobre 2015

International day of the girl: l'11 ottobre a Lucca una iniziativa Fidapa

Per l'11 ottobre 2015, data in cui cade la Giornata internazionale della Bambina, la sezione di Lucca della Fidapa Bpw realizza un evento di riflessione e sensibilizzazione sulla Carta dei diritti della Bambina e sullo stato dei diritti delle ragazze nel mondo, in adesione alla campagna Because I am a girl promossa da Plan International.

[h 19, con aperitivo-cena, presso la Caffetteria San Colombano di Lucca]

sabato 10 ottobre 2015

Se la carriera non è donna è perché i modelli di lavoro sono retrogradi

di Simona Volpi • Statistiche alla mano, che in Italia la carriera non sia donna appare come una verità consolidata. Anche là dove hanno la fortuna di avere un lavoro in cui fare carriera, difficilmente le donne raggiungono i vertici aziendali; fatto su cui potete trovare qui un approfondimento veramente interessante
Anche conseguire un semplice avanzamento di carriera è molto arduo; tra i tanti "ostacoli" c'è in primis il carico della gestione familiare, ma anche la scarsa grinta che le donne possono dimostrare quando si rendono conto di essere in un ambiente lavorativo dove le carriere femminili sono quasi totalmente assenti.
Ovviamente tutto a differenza dei colleghi uomini. Vero che la nuova riforma del lavoro operata con il Jobs Act ha fatto un importante passo avanti inserendo - in via sperimentale per il 2015 - interventi sulla Conciliazione vita-lavoro, come ad esempio l'estensione del Congedo di paternità anche ai lavoratori non dipendenti, l'estensione dei Congedi parentali che vengono estesi fino ai 12 anni del figlio (prima era fino agli 8 anni) e retribuita al 30% fino ai 6 anni (prima era fino ai 3 anni) e inoltre la possibilità di frazionamento giornaliero e orario del congedo parentale. Interventi che peraltro riguardano solo il periodo iniziale di gestione familiare, in cui i figli sono ancora piccoli. Ma tutto ciò non ha nessuna valenza ai fini di incentivare la donna a fare carriera e/o a far fare carriera alla donna. 
Il problema è il modello lavorativo che ancora prevale, molto rigido nelle dinamiche interne, dagli orari di lavoro alle continue trasferte richieste ai manager, ma anche a uno stile di leadership tipicamente maschile, che spesso richiede prese di posizione drastiche, accentratrici e senza condivisione con i collaboratori.
Modelli lavorativi impositivi e non condivisi contribuiscono a sbarrare la strada alle donne che, seppur competenti, non possono permettersi di tralasciare la gestione familiare troppo a lungo oppure tendono a uno stile di leadership più diversificato, se non naturalmente diverso.
Le aziende da sole difficilmente cambiano, servono allora interventi propositivi "esterni" all'azienda [come quelli proposti anche dal Jobs Act], che rendano chiaro come piani di carriera aziendali nel rispetto effettivo e concreto delle Pari Opportunità possano giovare grandemente a tutta l'azienda.
Esempi positivi giungono da diversi Paesi europei, fra i quali la Germania, dove nessuno si sorprende se una giovane donna occupa ruoli di responsabilità, mentre in Italia il management le ostacolerebbe la carriera solo perchè si pensa che a breve avrà una famiglia e non potrà più tenere i ritmi… Si ma quali? quelli della mentalità retrograda e obsoleta che ancora impera nelle nostre aziende, appunto.

mercoledì 23 settembre 2015

Irlanda; terra di donne, musici e scrittori

di Simonetta Ottone • Cercavo l'ordine, il fresco, l'orizzonte nitido, laddove potessi vedere fino al niente. Laddove potessi vedere prima della luce.
Ho trovato il Nord. 
"Finistère", non in Bretagna, ma dove ugualmente finisce la terra, benedetta dall'assenza dell'uomo. Solo vento forte e ghiaccio. 
Terra nera, odore forte di torba. Terra nera, terra rasa. Solo roccia, un po' di muschio, licheni, chiazze di erica, il fiore della solitudine. La vita, come può vivere.
Mucche nere con macchie bianche, che brucano grasse e assonnate, a volte quasi sdraiate, in riva a un mare di acqua scura e grandi uccelli.
Cercavo l'isola, il rifugio, la madre. L'ho percorsa finché non ho ritrovato l'Irlanda delle pecore, dove ancora oggi persone dai capelli rossi e lisci, con occhi celesti incastonati nel viso lungo, fanno cenno di saluto all'auto che passa incurante, e dove le scritte sono solo in gaelico.
Sono arrivata nei luoghi dell'odio, come sempre creato ad arte a vantaggio di alcuni. Dove ogni casa, cottage con giardino inglese, ha in bellavista la bandiera britannica che sventola petulante, e accanto ci sono case più semplici e povere, che a volte sono in blocchi scarni, e hanno una sola bandiera. Dell'Eire. E ovunque si celebra la libertà, con memoriali che citano chi è caduto sul suo fronte. Tantissimi. Libertà sudatissima, piena di compromessi. 
E la bocca aperta di Niccolò, 12 anni, che ascolta il racconto del padre su "Bloody Sunday" nella piazza in cui avvenne, a Derry, quasi interamente diventata monumento. 
E loro, che siano di Belfast, Dublino, o del Connemara, si mostrano cordiali, sorridenti, efficienti, con il loro junk food a ogni angolo, i pubs di legno scuro, che trasudano di birra e di burro, e di loro, che ci sono a ogni ora del giorno e della sera. E in effetti dopo tutta la torba respirata, black irish beer, la birra scura, commistione profonda di quella terra e di quell'acqua, è l'unica cosa che sembra naturale bere.
Avevo dimenticato poi la gente rilassata su tram e autobus di una capitale: i sevizi li paghi, ma funzionano. Enormi e convincenti sorveglianti sono a ogni fermata, la gente si sente protetta. Ti ricordano così di premiare gli onesti, vedi solo immigrati integrati, non c'è traccia di ambulanti abusivi: in giro non ci sono brutti, sporchi e cattivi. Se si nascondono le ombre, si rimane in luce, sotto il Cielo d'Irlanda, dove il sole si fa spazio tra nuvole e pioggia e dove poco dopo si fa attraversare da arcobaleni senza fine, dai colori vividissimi. E tu, è vero, ti rilassi, e paghi volentieri: tutto è previsto, organizzato, assicurato. Tutto torna, e è persino musicale, con singers bravi e ispirati che riempiono le strade.
La "Tigre Celtica", così è stata ribattezzata l'Irlanda dagli inizi degli anni '90, quando per questo paese è iniziato il boom economico: per loro l'Europa è stata un'occasione ben colta, con investimenti nell'informatica e nel terziario; e anche ora sembrano reggere. Pur avendo una limitata offerta di beni artistici, ogni città è piena di musei e mostre con stazioni interattive, e cittadine come Galway hanno interamente investito sui giovani e sulle università. Sembra infatti di vedere solo ragazzi, ragazzi che lavorano, che stanno al pubs, giovani famiglie che visitano luoghi.
Le donne sono 20 anni che sono uscite di casa, e non penso ci torneranno: le vedi in ogni luogo di lavoro e ho scoperto che in quel paese ci sono diversi monumenti e strade intitolate a loro. Inoltre, dal 1990 al 2011 l'Irlanda ha avuto un Presidente donna ininterrottamente per 21 anni: Mary Robinson, dal 1990 al 1997, prima donna a rivestire tale carica.

Poi Mary Mc Aleese, cui è passato l'incarico a fine mandato Robinson. E anche se il vero potere di governo è affidato al Primo Ministro, nominato dalla Camera e incaricato dal Presidente, due Presidenti donna per un periodo così lungo, rimangono un dato significativo. Purtroppo siamo indietro sul diritto femminile all'autodeterminazione riguardo alla libertà di scelta per la maternità, per ora negato alle donne irlandesi, cui è ancora vietato l'accesso all'aborto gratuito, sicuro e legale. Chi può permetterselo, va in Inghilterra a praticarlo.
Tuttavia, sembra tutto pensato per le famiglie, ognuna delle quali ha due o 3 bambini: come accade in altri paesi del nord, alle famiglie è riservata l'opportunità di accedere a servizi culturali (i bambini non pagano, o lo fanno in modo molto ridotto). Così mentre in Italia teniamo le famiglie in casa davanti a un monitor, in questi paesi le famiglie possono abitualmente andare anche ai musei, o passare le giornate in bellissimi parchi naturali, con ingresso gratuito. Loro sostengono il turismo interno e alimentano la domanda di cultura.
Noi chiudiamo i teatri, là sono attivi e aperti: lo spettacolo dal vivo è un culto da osservare  (lo trovi dal pub, agli alberghi, in autostrada...) con programmazione spesso volta al prodotto di genere (diffuso il musical irlandese), ma anche danza classica e musica folk, cui riservano anche festivals appositi in centri minori, come succede per il cinema e soprattutto per tutto ciò che concerne la letteratura (incontri e gruppi su libri, poesia, narrativa...). Ma c'è spazio anche per la Danza e il Teatro Contemporaneo, con spazi e progetti appositi  sostenuti da "Council of Arts of Ireland", amministrazioni cittadine e sponsors privati (che cofinanziano interi Festivals). Evidentemente a differenza di noi, loro sono riusciti a formare personale preparato per accedere ai bandi e fondi europei, e la cultura muovendo l'economia, ha un posto di primaria importanza nell' agenda politica del paese. Così facendo tengono in vita i luoghi, valorizzano le tradizioni, si aprono al contemporaneo, creano occasioni di lavoro,  e di circuitazione per i loro artisti e operatori culturali.
Da tempo infatti l'Irlanda attira nuovi autori (numerosi ad esempio i coreografi italiani scappati là), agevolano scambi su base reciproca, cosa che noi non facciamo finendo per subire aggressive colonizzazioni culturali da parte di paesi che si attrezzano meglio di noi alla promozione e distribuzione dei loro prodotti) e a dare solidità a esperienze artistiche autoctone.
E allora ok, enjoy! Dimentichi di essere così nauseata da hamburger e sandwich da non volerne vedere uno mai più. E guardi incredula questi irlandesi, poiché è inspiegabile come riescano a sopravvivere, anche se quasi obesi, con quel regime alimentare dissennato. E ti spingi oltre: li perdoni pure del fatto che vivano serenamente senza farsi il bidet. E questo francamente, è il mistero più grande di tutti.

giovedì 10 settembre 2015

Uomini e donne: un corso a Pisa

Differenze di genere o genere consapevole nella famiglia di oggi. Su questo tema si svolgerà, vicino al Calambrone (Pisa), dal 19 Settembre al 14 Novembre 2015, un Corso articolato in diversi fine settimana di incontri pratici e teorici e rivolto a Volontari attivi, Responsabili di associazioni di volontariato, Formatori volontari di OO.VV. 

Gli organizzatori lo presentano così: "Il genere rappresenta la costruzione sociale del sesso biologico. Se, da un lato, ciò consente agli individui di riconoscersi, dall'altro, questo li limita e li condiziona, creando molteplici disuguaglianze. Oggi si rende necessario promuovere un approccio nuovo alla differenza, che valorizzi la complessità, educhi alla relazione interpersonale e interculturale. Proporre un colloquio costruttivo al contrasto delle differenze oltre che alla conoscenza e alla consapevolezza dei mutamenti/cambiamenti, per rifuggire agli stereotipi dominanti."
L'iniziativa è promossa e sostenuta da Centro Italiano FemminileRegionale Toscano, CESVOT (Centro servizi volontariato toscano), ACLIi regionale, ANPAS, CAFRE Università di Pisa, CIF Pisa, CIF Livorno, Curiosamente, Dolmen Service.
Info: ciflivorno@gmail.com    

martedì 8 settembre 2015

Nel Corpo del mondo. Eve Ensler torna in Italia

di Simonetta Ottone • "Un’attivista conosciuta ovunque nel mondo, che ha combattuto tutta la vita per i diritti delle donne; che ha portato milioni di persone a ballare per le strade e nelle piazze, in un flash mob globale di protesta; che ha contribuito a fondare in Congo la Città della Gioia, un centro di accoglienza per donne violentate. 
Poi, in un giorno qualunque, un presentimento: qualcosa dentro di lei non sta funzionando come dovrebbe."   (Il Saggiatore)

Eve Ensler, autrice de "I monologhi della vagina" e di "Nel Corpo del mondo", sarà a Milano Domenica 13  Settembre al Teatro Elfo Puccini. Sarà l'occasione per incontrare, con lei, anche Lella Costa, Ada Lucia De Cesaris, Cecilia Strada e il Comitato di benvenuto organizzato da One Billion Rising Italia, che ha chiamato a raccolta le realtà attive nel movimento del VDay su tutto il territorio nazionale. 
Anche in Toscana ci muoveremo in diversi, per un confronto diretto con l'ispiratrice delle nostre iniziative e per curare al meglio la partecipazione a una campagna mondiale contro la violenza sulle donne che ha raggiunto negli anni azioni e numeri importanti. Ecco alcune parole che Eve fa precedere alla sua imminente venuta in Italia (La Repubblica, 6 Settembre 2015).
 "L’Ufficio della Schiavitù Sessuale A Yanar e alle mie sorelle in Iraq e in Siria
Penso al listino del mercato delle schiave sessuali dell’ISIS in cui donne e bambine sono prezzate come il bestiame. L’ISIS ha dovuto calmierare i prezzi per timore di un calo del mercato: 40 dollari per le donne tra i 40 e i 50 anni, 69 dollari per le trenta-quarantenni, 86 per le venti-trentenni fino a 172 per le bimbe da 1 a 9 anni. 
Le ultra-cinquantenni non compaiono neppure in lista, considerate prive di valore di mercato. Vengono gettate via come i cartoni di latte scaduti. Ma non ci si limita ad abbandonarle in qualche fetida discarica. 
Prima probabilmente vengono torturate, decapitate, stuprate, poi gettate su un cumulo di cadaveri in putrefazione. 
Penso al corpicino in vendita di una bambina di un anno, a un soldato trentenne corpulento, affamato di guerra e di sesso che la compra, la incarta e se la porta a casa, come un televisore nuovo. Cosa proverà o penserà scartando quella carne bambina e stuprandola con un pene delle dimensioni del suo corpicino? 
Penso che nel 2015 sono qui a leggere un manuale online sul modo corretto di praticare la schiavitù sessuale, con tanto di istruzioni e regole puntigliose su come trattare la propria schiava, pubblicato da un’istituzione molto ben organizzata(l’Ufficio della schiavitù sessuale) di un governo canaglia, incaricata senza alcun imbarazzo di regolamentare gli stupri, le percosse, l’acquisto e la riduzione in schiavitù delle donne (…)  Sono arrivata così a pensare all’amore, a come il fallimento di questo secolo sia un fallimento dell’amore. Cosa siamo chiamati a fare, di che cosa siamo fatti tutti noi che siamo in vita su questo pianeta oggi. Che tipo di amore serve, quanto deve essere profondo, intenso e bruciante. Non un amore ingenuo sentimentale neoliberale, ma un amore ossessivamente altruista. Un amore che sconfigga i sistemi basati sullo sfruttamento di molti a vantaggio di pochi. Un amore che trasformi il nostro disgusto passivo di fronte ai crimini contro le donne e l’umanità in una resistenza collettiva inarrestabile. Un amore che veneri il mistero e dissolva la gerarchia. Un amore che trovi valore nella connessione e non nella competizione tra noi. Un amore che ci faccia aprire le braccia ai profughi in fuga invece di costruire muri per tenerli fuori, bersagliarli con i lacrimogeni o rimuovere i loro colpi enfiati dalle nostre spiagge. Un amore che bruci di fiamma viva tanto da pervadere il nostro torpore, squagliare i nostri muri, accendere la nostra immaginazione e motivarci a uscire infine, liberi, da questa storia di morte. Un amore che ci dia la scossa, spingendoci a dare la nostra vita per la vita, se necessario. Chi saranno i coraggiosi, furibondi, visionari autori del nostro manuale di amore rivoluzionario?"

martedì 1 settembre 2015

Contro la violenza di genere: a Lucca 3 incontri gratuiti di formazione per assistenti sociali

A Lucca, in collaborazione con Dire contro la violenza, un ciclo di 3 incontri, a partecipazione gratuita, rivolti ad assistenti sociali, intesi ad arricchire la formazione specialistica e a condividere buone prassi per rendere più agevole ed integrato l’intervento di sostegno alle donne, per migliorare le politiche di prevenzione e contrasto della violenza maschile. Qui il programma completo.

L'iniziativa interpreta l'indicazione della Convenzione di Istanbul che afferma “la necessità di promuovere cambiamenti socio-culturali delle donne e degli uomini, al fine di eliminare pregiudizi, costumi, tradizioni e qualsiasi altra pratica basata sull’inferiorità della donna”.  La violenza sulle donne è infatti un fenomeno strettamente connesso ai meccanismi di potere e di controllo nelle relazioni tra uomini e donne, e all’incapacità maschile di accettare e riconoscere la libertà e autonomia femminile. 

L’Ordine degli Assistenti Sociali della Regione Toscana riconosce 13 crediti formativi agli operatori che parteciperanno agli incontri, che avranno luogo nelle date 11 settembre, 19 settembre e 2 ottobre 2015, h. 8,30 – 14,00, presso il Palazzo Ducale, Cortile Carrara, Lucca. Le domande saranno accettate fino ad esaurimento dei posti disponibili. Sarà data priorità a coloro che operano sul territorio provinciale in ordine alla data di presentazione delle domande. 
Destinatari/e: i soggetti che costituiscono la rete presente sul territorio provinciale, di tutela e presa in carico delle donne vittime di violenza. Richiesta di iscrizione entro e non oltre il 7 settembre 2015, inviando l’apposito modulo  a: centro.po@provincia.lucca.it • oppure fax 0583 417334
Info: Provincia di Lucca, Servizio Politiche Giovanili, Sociali e Sportive. Politiche di Genere, Centro Pari Opportunità; Cortile degli Svizzeri 2 Lucca Tel 0583 417489 Fax 0583 417334

venerdì 14 agosto 2015

Scrittura di donne. Il collettivo Idra e le autrici toscane

di Simonetta Ottone • Con grande piacere noto che l'interesse per la scrittura e la lettura è cresciuto molto nella città dove abito, Livorno, ricalcando una tendenza diffusa un po' in tutto il paese. Si legge e si scrive per imparare, per conoscersi e conoscere, per stare con gli altri, per misurarsi e anche, a volte, semplicemente per "farsi vedere".
Il piacere culturale è stato, d'altra parte, troppo spesso soppiantato da piaceri preconfezionati, di consumo immediato, volti prima di tutto ad alimentare il mercato. Ma se si tratta di libri, il mercato lo alimentiamo volentieri: sono necessari, e con pochi euro danno un sacco di opportunità, sono moltiplicatori di economia, come ogni bene culturale dimostra di essere, secondo economisti di primo piano.
A Livorno c'è un grosso gruppo che si incontra proprio intorno ai libri e alla scrittura, composto in larga parte da donne molto attive, guidate da Barbara Del Bono Idda, conduttrice molto preparata. Ho incontrato e intervistato Sandra Mazzinghi e Stefania D'Echabur, che fanno parte di questo gruppo, e che hanno partecipato a un interessante progetto di scrittura, il "Collettivo Idra".
• Cosa è Collettivo Idra, e quante autrici toscane conta?
Il collettivo Idra promuove attività culturali e raggruppa 18 autrici. Le donne del collettivo collaborano, correggono e si aiutano a vicenda. Come è accaduto per la pubblicazione del romanzo “Il senso delle nuvole”. Sul totale delle autrici ben sei sono toscane: cinque di Livorno (Stefania D’Echabur, Paola Pasqui, Silvia Menicagli, Claudia Mantellassi e la sottoscritta!) e una di Lucca, Guendalina Tambellini.

"Il senso delle nuvole" (Edizione Ensamble) è un libro sperimentale collettivo: me ne parli?
Sandra - Avevo già partecipato ad un romanzo collettivo “Lavoricidi Italiani” per Miraggi Edizioni, un successo inaspettato stampato in grande numero di copie e distribuito a livello nazionale. Mi piace condividere le mie parole con altri autori, e non solo le parole, ma anche le idee… e gli intrecci.
Stefania - Sono stata invitata a partecipare a questa sfida dalla mia amica Sandra Mazzinghi, ho accettato volentieri, perché misurarmi con nuove esperienze è sempre un atto di crescita verso se stessi e mi piace il confronto con gli altri. Chi scrive secondo me ha il dovere di focalizzare l'attenzione anche su temi di ordine sociale, denunciare e svegliare le coscienze. Il muro verso quello che non si conosce spesso è crudele. Olivia mi ha dato questa opportunità.
• Chi è Olivia?
Sandra - Olivia è una ragazza bella e speciale, affetta dalla sindrome di Tourette, ha tic motori e verbali, dice parolacce. L’ho amata subito perché non è una ragazza omologata alle altre, tutte capelli lunghi e lisci e vestite tutte nello stesso modo. Olivia è strana, atipica e nel mio capitolo intitolato “Il 21/12/2012 si avvicina” la volevo scuotere, ho voluto farle vivere un’esperienza traumatica e ho creato la situazione del terremoto. In quel momento Olivia, nella sua particolarità, era comunque una persona come tutte le altre, spaventata e premurosa, attaccata alla vita.
Stefania - Olivia è una ragazza che vive con la nonna, affetta da Sindrome di Tourette. Un giorno decide di “prendere in prestito” un camper e partire con Giorgio, l’amico della vita. La mia Olivia ama l’opera, non è una sprovveduta, è sensibile verso la cultura e percepisce uno spiraglio nonostante le difficoltà. Un poco mi assomiglia, amo dire le parolacce come lei… (sono tanto liberatorie), inoltre ho difficoltà a memorizzare nomi e sono autistica verso le lingue. Ma c’è un ma, le modalità possono non essere uguali per tutti, però ognuno ha dentro di sé un mondo espressivo e creativo da esplorare e fare vivere
• 20 donne che lavorano insieme, scrivendo su una donna. Come è stato il processo e cosa vuol dire scrivere di donne con donne?
Sandra - I miei racconti e i miei romanzi sono sempre ispirati a donne e da donne. Hanno molto da dire, anche da un sorriso a metà sulle labbra di una donna costruisco immagini e storie. Scrivere con donne è difficile, le donne sono esigenti, a volte mi sono sentita violentare le mie parole, ma è il gioco della condivisione, non puoi innamorarti di quello che scrivi, devi accettare le critiche talvolta e lasciare andare. Per questo libro ci sono state varie “litigate” su Facebook comunque, non per ultimo sulla scelta della copertina. Anche se c’era un coordinatore, uomo, qualche donna voleva comunque emergere… sarebbe stato strano il contrario!
Stefania Ogni capitolo è stato scritto da un’autrice che lasciava una situazione in sospeso per continuare la trama del romanzo. Personalmente mi sono stupita per come l’ho vissuta questa esperienza… liscia come l’olio. Premetto che il mio era il quarto capitolo, diciamo all’inizio. Dopo avere letto chi mi precedeva sono andata a svolgere il seguito, l’editore mi ha risposto complimentandosi e non correggendo nemmeno una virgola, con mia grande gioia e un pizzico di compiacenza. In seguito ci sono state polemiche, ma non essendo la diretta interessata non sta a me raccontare. Ho preferito stare tranquilla e non mettere altra benzina sul fuoco. Visti i risultati, è probabile che servissero anche piccoli scontri di opinioni.
•Che tipo di riscontro trovate da parte di lettori e scrittori uomini, da parte del mondo editoriale e mediatico?
Sandra - Sinceramente rispetto all’altro romanzo non ho avuto la sensazione di un aiuto da parte della casa editrice nella promozione del romanzo. Con l’altro romanzo collettivo invece, con Miraggi Edizioni, è stato veramente tutto diverso. E infatti il libro ha avuto un respiro più ampio. Non puoi lasciare le presentazione all’improvvisazione delle autrici. Noi abbiamo fatto una presentazione a Livorno e altre ne faremo in Toscana, ma mi sono sentita abbandonata. Un libro non può vivere solo se viene comprato dagli amici e dai parenti, un libro deve girare, volare, vivere… essere distribuito.
Stefania - Credo che gli uomini siano portati più per i saggi o  libri di storia e fantascienza, mentre la nostra natura sia incline a leggere romanzi e introspezioni varie, non ci fermiamo quasi mai in superficie! Un pregio o un difetto? ChissàNel mondo editoriale e mediatico c’è un po’ di tutto, sta a noi avere buon fiuto. In sostanza non farei una differenza di sessi ma di lealtà verso chi legge e chi scrive
• Quale scrittrice è per te fonte di ispirazione?
Sandra - Sylvia Plath, senza dubbio. Sono malinconica, solitaria, anche se sorrido anche agli sconosciuti.
Stefania -  Leggo di tutto: in genere alterno una lettura più impegnativa, un classico o un saggio con libri di autori emergenti e romanzi che mi attirano. Scrivo di getto, non penso di ispirarmi a qualcuno, forse assorbo un poco da tutti. Mi piacerebbe scrivere un giorno…come Flannery O’Connor, Karen Blixen, Virginia Wolf… troppo ambiziosa?
• Dove potremo trovare il Vostro libro?
Alla Premiata Libreria Belforte a Livorno e si può ordinare in qualsiasi libreria.