sabato 18 aprile 2015

Che sta succedendo in Toscana? La saga dei femminicidi

di Simonetta Ottone • Toscana, terra ideale, di arte e bellezza. 
Ma non solo. Toscana, terra di violenza, femminicidi, donne che spariscono - stupratori assolti, "geni" criminali della misoginia. 
La Toscana sembra diventata terra che odia le donne e quasi lo ostenta. Dal 2006 al 2014 sono decine e decine i femminicidi, quasi tutti - come sempre - per mano di uomini di famiglia; migliaia ogni anno le donne costrette a rivolgersi a Centri antiviolenza; questi, a loro volta, a causa della carenza dissennata di risorse, non sanno come far fronte all'escalation di richieste di aiuto. Ed è proprio quest'ultimo l'annus orribili fra le nostre colline dolci. Per associazione di idee, viene in mente, fra queste colline, una fuga ininterrotta di donne... come nell'attimo colto nel quadro del Palagi, sulle Troiane.
Una fuga dalla violenza che non dà tregua al perenne stato d'intimidazione che subiscono le donne comuni, anche al semplice ascolto di un notiziario. 
Ma iniziamo da maggio 2014 - un punto qualunque - con Andrea Cristina Zamfir, trovata crocifissa in un vicolo, alle porte di Firenze. Arrestato Riccardo Viti, responsabile di almeno altre 6 violenze a carico di prostitute. Un buon modo di farla franca: si crede scarsamente alle donne perbene, figuriamoci se si crede a delle prostitute che neanche si spiegano in italiano e magari sono anche clandestine! 
In Toscana le donne si fanno sparire, così il problema non c'è: le cancelliamo, non si vedono più e presto non se ne parlerà più, facciamo sparire tutto di loro. Che domani ci sono nuovi casi. Come Francesca Benetti, scomparsa in provincia di Grosseto nel Novembre del 2013, per cui fu arrestato e rinviato a giudizio Antonio Bilella, accusato d'aver ucciso e poi distrutto il cadavere dell'insegnante monzese. O di Guerrina Piscaglia, scomparsa nell'aretino il maggio scorso; indagato per favoreggiamento nella scomparsa, sequestro di persona o omicidio il parroco Gratien Alabi. Finché però non si ritrova il corpo, un indizio o finché la Piscaglia non ricompare - come per magia, resta tutto fermo: il 25 Aprile scade la misura cautelare del divieto di espatrio per Gratien, così a breve lui potrà andare in Francia dove lo aspetta una nuova parrocchia. E poi c'è Roberta Ragusa, scomparsa dalla sua abitazione vicino Pisa, nel gennaio 2012. Il Giudice ha deciso il non luogo a procedere per Antonio Logli, il marito, accusato di omicidio e distruzione di cadavere. Logli lascia il Palazzo di Giustizia a testa alta.
Un colpo per la Procura da parte del Tribunale, che ha demolito il castello accusatorio costruito in questi anni dagli inquirenti. Pare che il Giudice abbia ritenuto che, in assenza del cadavere, Roberta Ragusa non sia morta. Insomma, madri che non hanno mai lasciato figli, casa e  marito decidono un bel giorno di andarsene senza soldi, documenti e bagagli e non dare più loro notizie, perché avevano scoperto l'infedeltà dei mariti con un'amica. Tutto qui.
E' questa linea difensiva che viene seguita dal giudice. Per fortuna però, la Procura continuerà a indagare finché non ci sarà una sentenza definitiva
Ma non basta. Una recente sentenza-shock della Corte di Cassazione stabilisce che per i membri del gruppo che violenta non si debbano aprire le porte del carcere, poiché il giudice può applicare misure cautelari alternative. Quindi di fatto, la violenza in branco su donne è un reato di serie B. E quanta violenza, doppia, al quadrato, al cubo, devono subire quelle donne che, credendo e affidandosi alla giustizia, affrontano e espongono pubblicamente quel percorso di dolore?
E arriviamo allo stupro di gruppo del 2008 fuori dalla Fortezza da Basso di Firenze (il cui Comune, lodevolmente, ha deciso di costituirsi parte civile in tutti i processi riguardanti reati inerenti la violenza di genere). Altra sentenza shock: la Corte d'Appello ribalta la sentenza di primo grado per i 6 giovani arrestati nel 2008 per il "presunto" stupro, confermato da rilevanze mediche, che sarebbe avvenuto ai danni di una studentessa. Dunque, non è valsa la condizione di abuso d'alcol in cui si trovava la ragazza che per il Codice penale configurava il comportamento, anche senza costrizione, nel reato di violenza sessuale di gruppo. La Corte d'Appello ha ritenuto giusto accogliere le tesi delle difese che sostenevano che la ragazza, nota per le sue libertà sessuali, sarebbe stata consenziente e si sarebbe poi recata in Questura e agli esami del Centro antiviolenza, solo perché ci aveva "ripensato". O forse, per trascorrere in modo alternativo una torrida giornata d'estate a Firenze.
E ancora. Irene Focardi, scomparsa il 3 febbraio a Firenze e ritrovata a fine marzo in un sacco della spazzatura dentro un fosso. Davide Di Martino, accusato d'omicidio, occultamento di cadavere e maltrattamenti aggravati dalla morte, non parla. 
Insomma, la regione è piena di geni del male, con nervi d'acciaio e menti finissime, visto quanto filo da torcere danno a autorità e forze dell'ordine! A chi, insomma, dovrebbe lavorare nell'interesse della vittima, più che dell'imputato.
Rimane da capire perché una donna più volte picchiata da un uomo, vada a casa di lui che si trova in tutela domiciliare per quei maltrattamenti stessi. Che tipo di idea di relazione d'amore abbiamo noi donne italiane? Che tipo di aspettative di realizzazione riponiamo in un uomo? Anche in un uomo che picchia, e che spesso uccide con ferocia e che violenta ancora, cancellando l'esistenza stessa della donna. E arrivano ore, ravvicinate, che urlano sempre più forte, dal 31 marzo al 1 aprile: 48 ore in cui in Toscana la violenza trionfa.
Arezzo: Graziano Rossi, 53 anni, imprenditore edile, imbraccia la doppietta da caccia e spara alla moglie che dorme, poi si spara davanti ai figli. Si, lei viene uccise nel proprio letto, nella propria casa: forse l'unica in cui possiamo stare, visto che le case rifugio nel nostro paese sono per ora pochissime e le famiglie delle donne tendono a rimandarle, come millenni or sono, dai loro mariti. Che le ammazzano.
Livorno: Vittorio Re precipita e muore mentre tenta di introdursi nell'appartamento della ex moglie, con tanica di benzina e accetta. Già condannato per lesioni e maltrattamenti a danno della donna, aveva anche tentato di dare fuoco alla sua auto.
Più o meno nelle ore della tragedia di Livorno, nella pineta al confine tra Torre del Lago e Vecchiano, una prostituta viene assassinata con 7 coltellate alla schiena, 3 all'addome: due turisti tedeschi la trovano prona, seminuda, sommersa dal suo sangue. La Nera, come la chiamano le colleghe sconvolte, non è stata solo uccisa. E' stata orribilmente trucidata, con un accanimento riservato solo a chi non ha potere, alcuno.
Neanche quello di essere visibile.

mercoledì 8 aprile 2015

Tra marito e moglie

di Simonetta Ottone • Esco di macchina e dal retroparcheggio del supermercato sento delle urla.
Guardo e vedo poco lontano una donna che spinge via da sé un uomo, invano. Lui è alto, ha un enorme giubbotto imbottito, lei urla sempre più forte e con voce acuta chiama aiuto. Lo spinge via a scatti, come chi sa di disporre di una forza solo di nervi. Rimango impalata, non riesco a articolare un pensiero.
Io che in tutte le forme che so, ballo, recito, scrivo di donne, per le donne, non riesco, ora, a compiere un gesto utile, che modifichi, o almeno interferisca con ciò che sta accadendo a UNA donna, in questo momento, qui davanti a me
Lei non riesce a entrare in macchina, lui le tiene la portiera, lei riprova, lui la tira fuori e inizia a batterle la portiera addosso. Scatto verso di loro. Nel frattempo ho trovato il cellulare nella mia borsa misogina, dove non trovo mai niente, dove tutto sparisce, lo tengo in mano, vado verso di loro che continuano a spingersi e a urlare.
Ho paura, sento le mie gambe in ogni millimetro.
Lui mi vede, io tengo d'istinto il cellulare in bella vista, continuano a litigare, lei inveisce verso di lui "hai rovinato la vita di du' figlioli!", lui si muove in modo meno vistoso, e mi guarda di sguincio.
E' uscito il magazziniere dal supermercato "O cos'è questo casino? Chi è che urla?"; è dietro a me, io procedo verso di loro, ma lui non viene avanti.
Io voglio guardare lui, che non le sbatta più la portiera addosso, tenendola ferma. Parlo all'uomo col grembiule e gli dico che vanno chiamati i carabinieri, che vada dentro subito a chiamarli. Non mi riesce di staccare gli occhi da quel ragazzo alto e infuriato, come se potessi fermare la sua furia solo guardandolo. "O perché i carabinieri? Litigavano anche qua al banco. Ma è una lite tra marito e moglie...", così mi risponde l'uomo. 
Io giro la testa e lo guardo imbestialita, tanto da farlo indietreggiare "tra marito e moglie?! Ma qui c'è una colluttazione, lei chiede aiuto! Ma non lo vede, cazzo?" Lui se ne va subito dentro il magazzino e sembra non tornare più.
Io mi avvicino ancora, tengo il telefono come fosse un'arma, lui mi guarda male, non so cosa fare, ho paura di non guardare più e non mi ricordo se è 112 o 118 o cosa. Che idiota. Non mi si fermano i pensieri in testa. Torna con calma l'uomo del supermercato, ha chiamato rinforzi: ha con sé due donne col berretto da cuoche. Dico loro che bisogna chiamare i carabinieri. Tolgo per un attimo gli occhi di dosso da quella ragazza, mi sembra così facendo di abbandonarla e sto male, guardo le donne col berretto "Chiamate i carabinieri, per favore!". Ho urlato, il ragazzo alto e cattivo si è fermato, lei era comunque riuscita a entrare in macchina. Parte, finalmente. Lui ci guarda periferico, e con passo molleggiato sparisce, lento, quasi lieve.
Guardo loro e dico "non è una lite tra marito e moglie. Non è una cosa loro, si picchiavano e spingevano. Si chiamava aiuto! Si dovevano chiamare i carabinieri!". Sono incredula e incazzata. Le donne annuiscono spaventate. L'uomo rimane lì, in piedi, col suo grembiule e le braccia ciondoloni.
Li mollo lì e chiamo i carabinieri. Penso che lui la starà inseguendo in macchina.
Dopo tanto, o forse una manciata di momenti, lei da sola, è riuscita a scappare. "Sì, Signora, ci dice la targa per favore? Che macchina era? L'ha vista? Se la ricorda?" "Era buio, non ero vicina, una macchina chiara, non grande, ero nel panico. Non mi ricordo bene" "Ci dispiace, Signora, non possiamo fare niente. C'era qualcun altro con lei?"
"Sì, ma non hanno fatto niente. Quasi come me".