lunedì 18 maggio 2015

Il teatro che nutre. Intervista ad Alessandro Berti

di Simonetta Ottone • AlessandroBerti esce dalla Scuola del Teatro Stabile di Genova. Fonda insieme a Michela Lucenti, anche lei giovanissima, la Compagnia L'Impasto Comunità Teatrale, di cui scrive e dirige tutti gli spettacoli. 

Vince il Premio Gherardi (2002) con il suo Teatro in Versi, dirige la Scuola Popolare di Teatro di Udine e il Progetto sul disagio mentale "Arte/Società/Follia".
Alessandro è un viaggiatore, un raffinato esploratore di paesaggi umani. Vive il Teatro e lo scrive incessantemente, impastato nella carne, accadimento fisico di un rito, unico e irripetibile. Non è un attore che reciti: quando lo si guarda in scena sembra che la grande finzione sia la nostra vita stessa, non ciò che esce dal suo teatro.
"Davvero di gratuità e dismisura d'amore, ha bisogno il teatro per liberarsi dalle secche di quel narcisismo autoreferenziale che miete vittime in ogni settore dell'arte e ne paralizza anche i più ambiziosi slanci creativi; una patologia talmente diffusa da risultare invisibile, e di cui si prende gioco Alessandro Berti (…)" (Silvia Guidi, L'Osservatorio Romano, 29 Settembre 2011)
Finalmente lo incontro: un giovane uomo, magro e sorridente, che trattiene ostinato in sé il senso d'incanto del ragazzo.
• Alessandro, come ti sei avvicinato al TEATRO e alla sua scrittura?
Ho sempre scritto. Per il teatro ho scritto, e continuo a scrivere, semplicemente perché ho studiato come attore, così recitare quel che scrivo è la cosa più semplice. Ma scrivo un teatro non teatrale, più vicino alla poesia o al racconto.
• Nel tuo lavoro sei venuto in contatto con la TOSCANA?
Alla fine degli anni novanta sono stato a Pontedera, prodotto da Pontedera Teatro. E ancora prima ho studiato a Montalcino e a Rosignano, in quei corsi europei di inizio anni novanta, memorabili per risorse economiche e per mia totale incoscienza (ero un allievo assai scostante e polemico).
•  Chi sono i tuoi riferimenti, i tuoi Maestri?
Sono performer, scrittori/ici, danzatori/ici: Leo de Berardinis, Thomas Bernhard, Jerzy Grotowski, Yoko Muronoi, Ingeborg Bachmann, Uwe Johnson, Eduardo, Claudio Meldolesi, Tatsumi Hijikata, Kazuo Ohno, Luisa Muraro.
• Ci sono anche donne; me ne parli? 

mercoledì 6 maggio 2015

Quattro storie di donne, quattro storie di violenza

E' dalla drammaturgia dello spettacolo di teatrodanza TUA, di Associazione Compagnia DanzArte, che si delineano i contenuti del Convegno regionale del Centro Italiano Femminile (CIF) della Toscana, svoltosi al Calambrone (PI), a fine Marzo. 


"Vogliamo far luce e riflettere insieme sull'importante tema della condizione femminile oggi. Tema centrale sin dalle origini del Cif, il cui impegno si basa sui principi di uguaglianza, solidarietà, e si concretizza nel sostegno alle politiche per le pari opportunità", saluta così Maria Letizia Gaudenzi, presidente del Cif regionale. Segue poi il forum "Essere donna oggi tra contraddizioni e ricerca del futuro", in cui Katia Orlandi (presidente di Cif Livorno) affianca i numerosi relatori stimolati da un nutrito pubblico proveniente da molte province della Toscana. "Uno schiaffo è una violenza che incide l'anima", non certo un segno di attenzione da parte di un fidanzato geloso, afferma Francesca Menconi, vicepresidente del Cif regionale, dunque l'importanza per le donne di riconoscere i comportamenti critici. L'avvocato Gabriella Porcaro rileva che in alcuni casi di stalking può succedere che anche la donna che subisce soprusi entri a sua volta nell'esercizio della violenza verso l'uomo. Lo psicologo Marino Marunti nota quanto sia difficile far fronte alla complessità della società moderna senza un avanzamento della cultura psicologica, necessaria a far fronte a un mondo di relazioni e di possibilità mai conosciuto prima. Don Edward Domagala, docente di filosofia, oltre che parroco, interviene "La violenza va contro la ragione. La relazione tra uomo e donna è indispensabile, deve essere intersoggettiva, ossia relazione tra due realtà ricche di esperienza, capacità, progetti, altrimenti prevale il desiderio non di cura ma di dominio e gli individui rinunciano ad essere responsabili".
L'intervento di testimonianze dirette di donne  vittime di violenza ha offerto molti spunti, anche sugli aspetti della giustizia. E' intervenuto il magistrato Cosimo Maria Ferri, sotosegretario di Stato al Ministero della Giustizia, che ha sottolineato alcuni punti importanti:denunciare sempre le violenze, investire nelle forze dell'ordine e fare rete con i servizi di ascolto sul territorio e i servizi sociali, elevare il sistema giustizia con formazioni specifiche, anche delle Asl dove esiste il codice rosa ma dove non mancano difficoltà a riconoscere l'effettiva presenza di violenza sulla donna. Fondamentale anche l'attenzione alla "qualificazione giuridica" del reato (in presenza di maltrattamenti, "lesioni gravi" è un reato più pesante di "stalking"), conoscere e valorizzare gli ultimi provvedimenti legislativi su "femminicidio" e sul piano antiviolenza che prevedono servizi quali l'immediato allontanamento del maltrattante e il gratuito patrocinio legale.
Aldo Giubilaro, procuratore capo della Repubblica a Massa, ha posto l'accento sull'importanza di un'evoluzione culturale per gli uomini (le donne hanno già iniziato da diversi decenni questo percorso), sull'importanza dell'immediato controllo e verifica delle denunce per violenza, sulla certezza della pena, visto che l'Italia è il fanalino di coda in Europa in questo senso.
Molte ancora le riflessioni. Visto la percentuale di donne che lascia il lavoro al secondo figlio, l'indipendenza economica rimane per le donne italiane una pura illusione, come la condizione di pari diritti e remunerazione sul lavoro, dal momento che la discriminazione di genere inizia fin dalla fase di selezione del personale.
Difficile in questo paese essere donne e camminare a testa alta. Si parla di noi, associate per l'appunto a fenomeni negativi, come la violenza, la disoccupazione, l'assenza di politiche familiari, come se per la cultura italiana la vita delle donne fosse contraddistinta solo da oneri, problemi, fallimenti. Insomma, mai protagoniste di notizie edificanti, ma vittime. Sempre, e forzatamente.
Fonte: Toscana Oggi, "Violenza sulle donne, ci rimettiamo tutti" di Graziella Teta