venerdì 21 novembre 2014

One Billion Rising 2015: #RiseforRevolution

di Simonetta Ottone - Quest'anno la campagna One Billion Rising Revolution 2015 viene ufficialmente lanciata in occasione delle iniziative per il 25 Novembre, a livello locale e nazionale. La mia rivoluzione inizia nel corpo. Non può più aspettare (Eve Ensler).
Anche da qui invitiamo fin da ora cittadini, enti e associazione a aderire. 
Con la sua prima edizione, il 14 febbraio 2013 la campagna ONE BILLION RISING ha visto uomini e donne di tutto il mondo danzare e scendere in strada per protestare contro la violenza sulle donne. I temi della protesta riguardavano la violenza di genere. Nel 2014 il tema Un miliardo di persone per la Giustizia  (One Billion rising for Justice) ha reso ancora più forte la propria richiesta di porre fine alla violenza contro le donne e le bambine, concentrandosi in particolare sul mettere fine all’impunità e sul legame che esiste tra giustizia sociale e violenza contro le donne.

Anche nel 2014 la partecipazione dell’Italia alla campagna è stata imponente, con numeri eccezionali: hanno aderito importanti associazioni nazionali (Action Aid, Amnesty International Italia, CGIL, D.I.Re , Emergency, Maschile Plurale, Oxfam, Se Non Ora Quando, Terre des Hommes, UDI, Intervita e molte altre) e 200 associazioni locali, più di 150 eventi declinati in molteplici e differenti modalità, circa 250mila partecipanti. Le manifestazioni hanno toccato luoghi simbolo come il Palazzo di Giustizia a Roma, il Tribunale di Napoli e Palermo per chiedere rispetto, dignità e giustizia nella vita di ogni giorno.
Per l'anno 2015, Eve Ensler e il movimento V-Day, ci chiedono che One Billion Rising si espanda in un movimento sempre più decentralizzato, cosa che sta già avvenendo in tutto il mondo, determinato e guidato dalle comunità locali. Per continuare a lottare contro tutte le forme di violenza nei confronti delle donne e contro il sistema patriarcale, fungendo da catalizzatore non solo per reclamare giustizia, ma anche per aiutare a smuovere le coscienze in maniera radicale e arrivare ad una comprensione ed educazione più profonda rispetto ai concetti di uguaglianza, pace, democrazia, libertà, dignità e umanità.
La Rivoluzione di One Billion Rising 2015 è un'escalation delle prime due fasi della nostra campagna: abbiamo danzato. Abbiamo preteso giustizia. Ora pretendiamo cambiamenti.
OBR ha sinora ricevuto grande diffusione in Toscana, e anche per il 2015 sono previste numerose iniziative in città, paesi, Comuni grandi e piccoli.
A Livorno è in programma Our Revolution: dance with your V!  Sarà una grande mobilitazione nel centro  città, il 14 Febbraio 2015, nel V-DAY, organizzata da Associazione Compagnia DanzArte (acdanzarte@libero.it), con il sostegno di Percorsi Musicali, Centro Vertigo (entrambi di Livorno), Scuola DanzAria (Collesalvetti) e con l'adesione di numerose crescenti realtà.

venerdì 14 novembre 2014

Simona Volpi

Mi chiamo Simona Volpi e da oggi contribuirò al blog toscano della Rete-Blog Politica Femminile, accettando con piacere l'invito di questa rete; cercando di focalizzarmi soprattutto su tematiche inerenti il lavoro.
Dopo la Laurea in Giurisprudenza mi sono specializzata in Gestione delle Risorse Umane, Diritto del Lavoro e Pari Opportunità, lavorando per 15 anni in Agenzie per il Lavoro e Aziende come recruiter, formatore e amministrazione del personale. 
Da tempo mi occupo delle problematiche inerenti il ruolo della donna nel settore del Diritto del Lavoro, ho partecipato a Seminari e Convegni sul tema ed ho collaborato a gruppi lavoro della Commissione Pari Opportunità della Provincia di Livorno.
Inoltre ho avuto modo di svolgere studi di settore per conto di un'Ente di Certificazione che promuoveva uno standard al femminile quale modello da applicare nelle aziende certificate nella qualità
E' proprio grazie a questa esperienza, di lavoro e di studio, che ho iniziato, sempre più, a chiedermi perchè il nostro modello aziendale sia così poco attento al ruolo della donna nel mondo lavorativo, rigido nei suoi orari e modalità; anche se a volte magari riconosce tutele non conformi alle esigenze aziendali...
Il confronto con altri Paesi, specie del Nord Europa è disarmante, siamo ancorati ad una mentalità aziendale da superare e per questo credo che occorrerebbe anche tanta formazione imprenditoriale e non solo nuove leggi al riguardo: soprattutto nel settore privato, non occorre che ci siano norme che permettano flessibilità di orari, affiancamento della donna che rientra dalla maternità, o altre complicazioniNaturalmente molte di queste questioni le ho vissute in prima persona spesso, troppe volte.
Se poi andiamo a vedere nello specifico della città di Livorno, troviamo gravi problemi già solo nell'accesso al mondo del lavoro da parte delle donne: le quali spesso, anche se laureate o diplomate, si devono accontentare di lavori al di sotto del loro livello, più di quanto capiti ai colleghi maschi. Chi invece un titolo nemmeno ce l'ha rischia ancora di più di passare da un lavoro all'altro senza potersi creare una professionalità, aumentando le insicurezze future.
Nella mia esperienza di selezione del personale però, più di ogni altra cosa mi hanno fatto riflettere le donne madri senza lavoro fisso, che proprio per questo non hanno la possibilità di tenere i bambini al nido o materna per cui devono barcamenarsi tra mille ostacoli per poter lavorare qualche ora a chiamata, senza pensare poi ai periodi di vacanza scolastica, in cui devono rinunciare anche alle poche ore di lavoro ottenuto, perchè non sanno dove lasciare i bambini.
Insomma, c'è tanta strada da fare. L'auspicio è trovare da una parte più forza nello stringere più relazioni con le donne che hanno valide proposte, dall'altra che cresca una cultura aziendale sensibile e preparata (e attenzione, spesso sono anche le donne imprenditrici ad adottare un modello prettamente maschile nell'organizzazione del lavoro): per portare anche la nostra Italia ad essere più produttiva e competitiva, permettendo a tutti e tutte di lavorare, e di poterlo fare nel migliore dei modi.

giovedì 13 novembre 2014

Lettura. Scrittura. E intervista a Valerio Nardoni

di Simonetta Ottone: Donna e poesia nello sguardo di Valerio Nardoni
Gli italiani sono un popolo di poeti e scrittori. Ma non hanno bisogno di leggere. Tuttavia, le donne risultano lettrici più forti (2012, Istat, lettrici 51,6%, lettori 38,5%). Inoltre sono più numerose nell'intera filiera dell'industria editoriale, soprattutto di quella emergente; amano anche scrivere, seguono corsi, partecipano a iniziative, la loro fecondità intellettuale alimenta settori di economia legati alla cultura. Editori sostengono che le donne scrivano bene, siano in numero maggiore aspiranti esordienti, ma poi sugli scaffali delle librerie gli autori esposti sono in maggioranza uomini.
Un recente studio americano, condotto dalle principali riviste culturali anglosassoni, ha scoperto una spiccata preferenza mediatica per scrittori e critici uomini e anche l'Observer conferma che attualmente le donne leggono di più in quasi tutte le categorie.
Dunque, pare che una donna sia pubblicata solo quando rientra in una tendenza, una moda, quando scrive di infanzia o di erotico. Forse è vero che i lettori maschi si fidano poco delle donne, mentre quest'ultime sono da sempre le fruitrici, estimatrici, muse e consumatrici di opere maschili, in ogni campo. O forse alla donna manca il tempo di dedicarsi sistematicamente alla scrittura, così viene considerata un'eterna hobbista, o non ha quella componente narcisistica che permette all'altro sesso di cercare un riconoscimento.

Nel mese che celebra la morte di Alda Merini, parlo di tutto questo con Valerio Nardoni, ispanista, impegnato in letteratura e traduzione letteraria. Uno sguardo ampio, poiché Valerio è attivo su più fronti: docente universitario, traduttore di numerose raccolte di poesia spagnola (P. Salinas, F. G. Lorca, P. Neruda...), collabora con La ferita nell'essere, antologia dell'opera di Mario Luzi e con un'antologia dell'opera di Federico García Lorca (Corriere della Sera, Einaudi). Fondatore del progetto editoriale Valigie rosse, autore del romanzo Capelli blu (Edizioni e/o, 2012) e di una raccolta poetica, Senso di facilità (Passigli Editori, 2014).
1 - Valerio, quando ti sei avvicinato alla scrittura? 2 - E chi sono le persone che ti hanno appassionato e accompagnato in questo percorso?
Il mio incontro con la scrittura è stato piuttosto “tardo”: devo tutto a un amico che mi ha prestato un libro in un momento particolare, quando cioè decisi di lasciare la facoltà di Ingegneria ed insieme affittammo uno studio di pittura. Da lì iniziai a leggere molto e a tenere un diario. Con la poesia l'incontro è avvenuto ancora più tardi, cioè quando abbiamo lasciato quello studio ed io mi sono trasferito a Firenze: per merito di un'amica, ebbi la fortuna di conoscere un professore, Gaetano Chiappini, che poi sarebbe diventato il vero maestro di quanto io sia stato capace di imparare. Lui si occupava di letteratura spagnola, era una persona davvero fuori da ogni possibilità di classificazione: l'ho perduto due mesi fa, ancora non riesco a farmene una ragione. Non so di dove ripartire.
Nel campo della poesia non ho mai trovato qualcuno che la capisse più a fondo di lui. E questa non è una frase retorica. Ho conosciuto e frequentato da vicino Mario Luzi, ma saper scrivere e sapere leggere o sapere dire che cosa si è letto sono tutte qualità differenti. Gaetano Chiappini ha fatto innamorare della poesia generazioni di studenti.
Ad ogni modo, ho la fortuna di avere – fin da piccolo, devo dire – anche importanti amicizie con delle donne. Cosa non sempre facile. Nel campo della poesia, incontri determinanti sono state Alberta Bigagli e Clara Janés. Alberta, fiorentina, classe 1928, è l'autrice del primo libro di poesia che io abbia mai letto. Fu il mio professore stesso a consigliarmelo: erano i primissimi tempi che ci conoscevamo, lui sosteneva che io avessi una disposizione naturale alla poesia ed io, che di poesia non ne avevo mai letta – è il bello di essere giovani – gli chiesi di darmene prova! Così un sabato mi regalò un volumetto di versi dicendomi che il lunedì successivo l'autrice di quel libro sarebbe venuta a trovarlo e che io "le avrei spiegato” la sua stessa opera. Diventammo poi molto amici con Alberta: oggi sono curatore della sua opera completa. Clara Janés è invece l'autrice del primo libro di poesia che io abbia tradotto integralmente: ogni volta che vado a Madrid passo sempre da casa di Clara, la sua è davvero una mente indipendente, i pareri che le chiedo sul mondo della letteratura si verificano poi sempre lucidamente esatti. Grazie a Clara ho recuperato un bel po' di del ritardo accumulato durante il mio percorso!
3 - Se apriamo un'antologia di liceo, all'indice troviamo pochissimi nomi di donne. E oggi come va?  
Se pensiamo alla poesia, in giro ci sono troppi e troppo brutti libri di dilettanti – la scarsità di nomi femminili nella maggior parte delle collane può essere una virtù!

venerdì 7 novembre 2014

Dal Consiglio Regionale della Toscana: due inviti per il mese di novembre

Ho il piacere di comunicarvi che, per il mese in cui cade la giornata contro la violenza di genere, il Consiglio regionale promuove due importanti iniziative.
• Giovedì 13 novembre, la presentazione del volume “Sono ancora viva. Voci di donne che hanno detto basta alla violenza di Chiara Brilli ed Elena Guidieri (Ed. Le Lettere). 
Interverrano Teresa Bruno (Presidente di Artemisia) e la giornalista Michaela Barilari. h 16.30, presso Sala Affreschi del Consiglio regionale, in via Cavour 

• Giovedi 27 novembre, il convegno “La convenzione di Istanbul: l’Italia è pronta?” in collaborazione con la Comm. Pari Opportunità del Consiglio regionale e la Comm. Pari Opportunità dell’Ordine degli Avvocati di Firenze. A questa iniziativa porteranno il loro contributo la Sen. Maria Cecilia Guerra, il magistrato Fabio Roia, l’avv. Manuela Ulivi (Di.Re), Rossella Pettinati (Presidente Comm. Pari Opportunità regionale) e Ilaria Chiosi (Presidente Comm. Pari Opportunità Ordine degli Avvocati).

Vi aspetto, Daniela Lastri

martedì 4 novembre 2014

La curva nord di Livorno al fianco della famiglia Cucchi

Di fronte a certe rivendicazioni della violenza come un fatto accettabile - addirittura inevitabile, di fronte all'incapacità di chiedere scusa, siamo tutti #StefanoCucchi. 
Di fronte a certi oltraggi infiniti ci inchiniamo davanti alla famiglia di Stefano, e a quella di Federico Aldrovandi - e altri, e chiediamo anche noi scusa per loro: per quelli che non la sanno chiedere.