domenica 29 dicembre 2019

Il Corpo liberato

di Simonetta OttoneIl corpo liberato. Dalla Danza Moderna alla DanzaMovimentoTerapia nelle tracce delle donne che l'hanno inventata. Un incontro presso Casa Julka a Livorno, incentrato sulla rappresentazione della donna nei media e in arte, proposto nell'ambito della 2 giornate di studio che avrà luogo l'8 e il 9 febbraio 2020, della Formazione Permanente Associazione Professionale Italiana DanzaMovimentoTerapia (APID), rivolta a insegnanti, educatrici/ori, Operatrici/ori della Relazione di Cura, d’Aiuto, dell’ambito psico-corporeo, artistico e arte-terapeutico.
Grazie al contributo di Monica Lanfranco e di Simonetta Ottone sarà possibile partire dalla rappresentazione dell’immagine della donna nei media, per collegarci a forme d’arte in cui le donne stesse sono riuscite a rovesciare ogni stereotipo sulla rappresentazione, l’espressione, la gestione del proprio corpo e  del proprio ruolo pubblico.

La danza moderna, infatti,  è stata inventata, diffusa e gestita da donne: agli inizi del Novecento per la prima volta le donne rappresentavano sé stesse e il mondo, nel pieno della loro soggettività esposta al pubblico. Fu la prima e unica volta nella storia dell’arte e della cultura che le donne resistettero autonomamente, perdendo consenso e protezione sociale, si esposero al pubblico, in posizione frontale.


Il Seminario teorico-esperienziale sarà introdotto da Monica Lanfranco,  con un intervento che prevede la visione di materiali e momenti di condivisione e attività di riflessione sul tema degli stereotipi di genere e il sessismo nel linguaggio e nei media.
La parte danzamovimentoterapeutica, curata da Simonetta Ottone, si concentrerà sulla testimonianza ad opera delle pioniere della Danza Moderna riguardo la Narrazione del Corpo Femminile, grazie a spunti testuali, ed alla visione di materiali.
Partendo dai principi della Danza Moderna ed alla necessità di una maggiore consapevolezza sul tema in ambito danzamovimentoterapeutico, il lavoro corporeo si focalizzerà sul Femminile e il Maschile, attraverso la Metodologia di Maria Fux, il Metodo De Vera D’Aragona ed i principi di movimento della Danza Moderna e del TeatroDanza.
L’iniziativa è volta ad Informare e promuovere una cultura corretta sulla relazione di genere e la differenza di genere attraverso la storia delle donne di ieri e di oggi; prevenire il conflitto di genere, favorire l’empowerment femminile.
La Formazione  è patrocinata e sostenuta dal Comune di Livorno e fa parte delle iniziative italiane previste in occasione di ONE BILLION RISING 2020, Movimento Internazionale V – DAY contro la violenza su donne e bambine.
IL CORPO LIBERATO è ideato e organizzato da Associazione Compagnia DanzArte (Progetto One Billion Rising Livorno/ Casa Julka), con la partecipazione di  Altradimora (Alessandria), Radio delle Donne, Rivista Marea.
Alcune note sulle relatrici:
Monica Lanfrancogiornalista e formatrice sui temi della differenza di genere e sul conflitto. Ha fondato nel 1994 il trimestrale Marea. Ha collaborato con Radio Rai International. Ha un blog sul Fatto quotidiano e su Micromega. Ha insegnato Teoria e Tecnica dei nuovi media all’Università di Parma. Conduce corsi di formazione sulla storia del movimento delle donne, sulla comunicazione di genere, e sulla risoluzione nonviolenta dei conflitti. Dal 2008 gestisce Altradimora, una struttura che promuove  e ospita molti progetti culturali con ottica di genere.
Tra i suoi libri "Uomini che odiano amano le donne - virilità, sesso, violenza: la parola ai maschi" (Marea Edizioni) dal quale è stata tratta la piece teatrale "Manutenzioni – Uomini a nudo",  primo caso italiano di teatro sociale per uomini. "Parole madri - ritratti di femministe: narrazioni e visioni sul materno" (Marea Edizioni). Il suo ultimo libro è "Crescere uomini - le parole dei ragazzi su sessualità, pornografia, sessismo" (2019 Erickson)
Simonetta Ottone: DanzaMovimentoTerapeuta APID (Socia n. 296 e Presidente), Danzatrice professionista, .Coreografa e Docente di danza e movimento dal 1990, autrice di “Danzare il Simbolo. DanzaMovimentoTerapia nel mondo tossicomane” (Edizione Creativa 2011, ristampa 2017) e di “Disancorati” (romanzo, Ed. Creativa 2017). Ha studiato Corso universitario Scienze e Tecniche psicologiche – Facoltà di Psicologia. Impegnata come danzamovimentoterapeuta in ambito di salute mentale, diversabilità, dipendenze, educazione e prevenzione, in strutture pubbliche e private. Promotrice di iniziative a sostegno dei Diritti delle Donne, in onda come autrice e interprete su Arcoiris – TV con lo spettacolo “A Voce alta”. Autrice della Rete -  Blog nazionale POLITICA FEMMINILE, Tutor Movimento Internazionale V – Day. Formatrice di danzamovimentoterapeut* e all’interno di  percorsi rivolti a Docenti, operatori e volontari, riguardanti il Corpo e le tematiche di genere. • casajulka@gmail.com

sabato 28 dicembre 2019

Stazioni lunari, la Musica che Apre

di Simonetta Ottone • Mercoledì 18 Dicembre, primo pomeriggio. L’appuntamento con le ed i protagonisti dello spettacolo che si terrà Giovedì 19 ore 21.30, in occasione della riapertura dello storico Teatro Aurora di Scandicci, è previsto in uno studio a Sesto Fiorentino.
Sembra un pomeriggio come gli altri, con la luce ordinaria e disincantata nel cielo di una Firenze periferica. Sono felice di incontrare questo progetto che mette al centro tre donne, tre artiste di provenienza, formazione e generazione diverse. Tre ipotesi di come abitare il ruolo artistico, proprio in quanto donne. Appena arrivati, io per le interviste e Michele Faliani per le foto, seguiamo la musica, apriamo la porta e davanti a noi ci sono loro, con i loro strumenti in azione e le voci di Ginevra e Cristina che ci regalano un inedito Tim Buckley.
Con affabilità si organizzano per la nostra intervista. Francesco Magnelli, quale ideatore di "Stazioni Lunari", inizia a parlarci dell’aspetto legato alla vita e al senso di quello che è, non solo uno spettacolo itinerante dunque, ma una visione rispetto al fare musica oggi. Progetto culturale nel pieno senso del termine, longevo e generativo, domando al musicista qual è il suo segreto di elisir di lunga vita.
“STAZIONI ha capacità di riciclarsi continuamente, perché cambiando artisti ogni volta si crea una serata unica, dovuta al luogo, alla situazione. La scelta di artisti, di più generazioni, la creazione di una scaletta diversa ogni volta. E’ un lavoro impegnativo, dove permane l’entusiasmo della Prima.
Gli artisti vengono da mondi diversi, l’idea è quella di abbattere il genere, c’è solo musica. Domani c’è un estremo, con l’inserimento di musica classica, con il Quartetto dei nostri Tempi, con brani di Shostakovich, Beethoven, Schumann…
Stazioni Lunari è un invito all’ascolto da parte del pubblico e da parte degli artisti tra loro, è uno spettacolo di 2 ore in cui partecipi anche solo ascoltando. Nei nostri spettacoli  il pubblico ascolta ciò a cui non è magari abituato, si possono fare scoperte grosse, il pubblico viene a vedere gli artisti per le attitudini che hanno , sono loro che decidono come partecipare.
In una sorta di abbattimento dell’ego centrale, i cantanti sono dislocati sul palco, come si costruisse una squadra di voci, senza un leader centrale; Ginevra è centrale ma si muove, gira insieme agli altri. Dà la possibilità ai cantanti stessi di esprimersi in modo diverso da come fanno di solito. Ad es. Piero Pelù e Bobo Rondelli per indole si sono buttati in mezzo agli altri, Cristina Donà che è tanto che partecipa nel tempo si è coinvolta sempre di più, come Nada, che all’inizio stava molto nel suo spazio.
La diversità esiste, c’è, è normale che ci sia, la diversità fa ricchezza ovunque, anche in cultura, non la ostento, non è un connubio per forza positivo, porta miniscontri che però sono vita. La cosa bella è che è rimasto uno spettacolo unico nel panorama, questo lo dico dopo 16 anni, con artisti di questa caratura artistica che stanno insieme, nella loro differenza. Si tratta di uno spettacolo che và al di là della fruizione di una buona musica, al suo interno c’è tutta una serie di messaggi che và oltre la musica, dentro le stanze potrebbe starci un danzatore, la parola, chi dipinge, qualsiasi forma d’arte”.
Incontriamo poi Cristina Donà, che inizia ad accompagnarci nel suo personale viaggio all’interno di Stazioni Lunari. “La spinta propulsiva a prendere parte a questo progetto è costituita da molti tasselli. Inizia nel 2004. Conoscevo Ginevra, il mondo dei CSI, entrare in Stazioni Lunari è stato un regalo, stare in un laboratorio come artista dove sin da subito sperimentare una relazione con i musicisti diversa da quella che abitualmente praticavo.
Io essendo un’artista solista, dettavo un po’ le regole, anche se non sono un capitano con forme dittatoriali! L’idea di Stazioni è un’idea unica, perché questa è una Casa dove a turno si animano delle stanze, la permanenza sul palco presuppone che se uno vuole può anche interagire, improvvisare, la qualità dell’ascolto sale tantissimo. Le prove non ci sono, c’è il sound check, c’è un mondo da mettere in piedi. Io faccio parte di questo progetto da allora, ho potuto conoscere personalmente molti artisti, come Teresa De Sio, Pelù. Marco Parente, Nada, Riccardo Tesio, Cristicchi… sempre una grande emozione. Confrontarsi con emozioni diverse, di fronte a un pubblico, tenere alto l’interesse, partecipare in diversi modi, anche solo ascoltando. Questo laboratorio credo abbia messo le basi per quell’avventura che è nata con Ginevra, “Così vicine”, il nostro album insieme: ogni volta che si cantava insieme la gioia era grande. Francesco che è un grande osservatore e un grande creatore di progetti ha intuito che avremmo potuto dare vita a questo lavoro. Francesco ha  ideato STAZIONI per far convivere vocalità e provenienze diverse. Questa è una grande scuola, per andare oltre le rivalità. Un aspetto importante per il pubblico, i canali principali non puntano sulla biodiversità”.
Infine, i saluti ce li fa l’altra padrona di casa, Ginevra Di Marco: “Stazioni Lunari ritorna spettacolo composito, difficile, con tanti artisti diversi, non è sempre facile accordare i suoni. Cristina Donà è un po’ la madrina di Stazioni Lunari; dei Rappresentanti di Lista ci siamo innamorati con i loro ultimi 2 dischi. Il Quartetto i nostri Tempi accentua il desiderio di mettere in dialogo linguaggi diversi, di essere una Comunità dal vivo, dove la musica si incontra, partecipiamo ognuno della musica dell’altro, in commistione. Io starò lì, in mezzo a tutto questo”.


Giovedì 19, sul palco arrivano a poco a poco tutti i protagonisti dello spettacolo, ma la scena è sempre abitata da queste tre artiste meravigliose: Ginevra Di Marco, Cristina Donà, Veronica Lucchesi.
Sono tutti insieme, cantanti, autori, musicisti, orchestrali, per celebrare Stazioni Lunari, la comunità pensata da Francesco Magnelli fin dal 2003.
I brani si snocciolano a due a due, presentati dalle tre donne al centro della scena, accompagnate dai musicisti e dal Quartetto dei nostri Tempi.
Si inizia già al massimo dell’energia con G. Di Marco in CANZONE ARRABBIATA, prosegue Veronica Lucchesi con LA BALLATA DELLA RAGAZZA ANNEGATA e GIOVANE FEMMINA.
Cristina Donà presenta SONG TO THE SIREN e GOCCIA. I pezzi si susseguono in un flusso continuo in cui le voci e gli strumenti si incastrano come in un gioco d’amore.
Il Quartetto dei nostri Tempi esegue un vertiginoso Shostakovic, poi Schumann, Beethoven, come se tutto fosse un unico, eterno discorso sonoro, che tutto comprende e tutto rigenera.
Nella serata spicca una Cristina Donà dirompente con chitarra, voce e rock,  che conclude nei bis in UNIVERSO, bello, forte e delicato insieme.
QUESTO CORPO di Veronica Lucchesi regala ancora l’approccio aperto, teatrale e fortemente contemporaneo di una poetica sul confine della fragilità come forza.
Il concerto chiude con la sublime MONTESOLE dei PGR e con FUOCHI NELLA NOTTE DI SAN GIOVANNI dei CSI, rievocati nella voce di Ginevra Di Marco e nella direzione di Francesco Magnelli, che ci regala così il desiderio condiviso che eredità coraggiose vengano raccolte e ampliate ancora.


giovedì 24 ottobre 2019

Le donne curde. La loro lotta per tutte Noi

di Simonetta Ottone • Di seguito il testo che One Billion Rising Livorno ha inviato alle istituzioni del proprio territorio, invitandole ad un confronto diretto con le associazioni femminili e i gruppi di donne destinatarie dell’appello pervenuto dalle donne curde a seguito della invasione turca.

Al Sindaco di Livorno, al Comune di Livorno, alla Regione Toscana
Alla cittadinanza tutta
Lettera aperta delle donne, dalla Siria del nord, alle donne di tutto il mondo: Le combattenti siriane lanciano un appello alle donne di tutto il mondo.
“Nelle stesse ore, l'Isis ha assassinato Havrin Khalaf, segretaria generale del Partito per il Futuro della Siria, giovane attivista, ingegnera, a capo di un movimento che era una speranza per tutto il mondo.
Come donne di diverse culture e fedi, provenienti dalle antiche terre della Mesopotamia, vi inviamo il nostro più caloroso saluto; e vi invitiamo a partecipare alle azioni per fermare la guerra di invasione della Turchia nella Siria e per superare il fascismo e il patriarcato in tutto il mondo.
Vi scriviamo dal vivo della guerra nel nord est della Siria, imposta alla nostra terra dallo stato turco. Siamo sopravvvissute resistendo per 3 giorni ai bombardamenti dei caccia turchi e dei carri armati. Abbiamo visto le madri nei nostri quartieri prese di mira dai bombardamenti turchi quando escono di casa in cerca di pane per le loro famiglie.
Abbiamo visto una granata NATO fare a pezzi la gamba di Sara, di 7 anni, e uccidere suo fratello Mohammed di 12 anni. Stiamo assistendo al bombardamento di quartieri e chiese cristiane, mentre le nostre sorelle e fratelli cristiani, i cui nonni sono sopravvissuti al genocidio nel 1915, sono ora assassinati dall'esercito del nuovo impero ottomano di Erdogan. Due anni fa, abbiamo visto che, con fondi ONU e UE, lo stato turco ha costruito un muro di confine di 620 km per rafforzare fisicamente la divisione del nostro paese e impedire a più rifugiati di cercare scampo in Europa. Ora, assistiamo al fatto che i carri armati stessi dello stato turco, i soldati e i gruppi killer jihadisti hanno rimosso parte del muro per invadere le nostre città e villaggi. 
Stiamo assistendo al modo in cui i quartieri, i villaggi, le scuole, gli ospedali e il patrimonio culturale di curdi, Ezidi, arabi, siriaci, armeni, ceceni, circassi, turkmeni e altre culture che vivono qui in comune, sono presi di mira da attacchi aerei e fuoco di artiglieria. Vediamo come migliaia di famiglie siano costrette a fuggire dalle loro case per cercare rifugio senza nessun posto sicuro dove andare. Inoltre, vediamo i commandos killer dell'ISIS attaccare nuovamente città come Raqqa, che due anni fa era stata liberata dal regime terroristico dello Stato Islamico grazie alla lotta comune della nostra gente (e lo stesso avviene ora a Kobane, che nel 2015 era stata liberata dall'Isis grazie alle forze curde, ndr). Ancora una volta, vediamo gli attacchi militari congiunti dell'esercito turco e dei loro mercenari jihadisti contro Serêkani, Girêsipi e Kobane
Questi sono solo alcuni degli incidenti che abbiamo affrontato da quando Erdoğan ha dichiarato la guerra, il 9 ottobre 2019.
Mentre l'operazione di pulizia etnica genocida della Turchia fa i primi passi, vediamo anche la coraggiosa resistenza di donne, uomini e giovani che alzano la voce in difesa della loro terra e della loro dignità. Per 3 giorni i combattenti delle forze democratiche siriane SDF, insieme a YPJ e YPG, hanno combattuto con successo in prima linea per prevenire l'invasione e i massacri della Turchia. Donne e persone di tutte le età fanno parte di tutti i campi di questa resistenza per difendere l'umanità, le conquiste e i valori della rivoluzione femminile nel Rojava. 
Come donne, siamo decise a combattere finché non raggiungeremo la vittoria della pace, della libertà e della giustizia. Per raggiungere il nostro obiettivo, facciamo affidamento sulla solidarietà internazionale e sulla lotta comune delle donne e di tutti coloro che amano la libertà. Chiediamo di:
• fermare immediatamente l'invasione e l'occupazione della Turchia nella Siria settentrionale e orientale
• istituire una No-Fly-Zone per la protezione della vita delle persone nella Siria settentrionale e orientale
• prevenire ulteriori crimini di guerra e pulizia etnica da parte delle forze dell'esercito turco, dell'ISIS, di El Nusra e di altre organizzazioni killer jihadiste
• garantire la condanna di tutti i criminali di guerra secondo il diritto internazionale
• interrompere il commercio di armi con la Turchia
• attuare sanzioni politiche ed economiche contro la Turchia
• adottare misure immediate per una soluzione politica della crisi in Siria con la rappresentanza e la partecipazione di tutte le diverse comunità nazionali, culturali e religiose in Siria”. 
One Billion Rising Livorno, insieme al Movimento Internazionale V – DAY ed alle maggiori Associazioni femminili in Italia e nel mondo, chiede al Comune di Livorno e alla Regione Toscana di  sollecitare nel Governo italiano, nell’Unione Europea e nella Comunità internazionale una posizione decisa per porre termine alle barbarie messe in atto da Erdogan e dalla Turchia.
Pertanto, One Billion Risign Livorno chiede di poter partecipare alle azioni che le istituzioni locali metteranno in campo in questo senso. 
One Billion Risign Livorno
Movimento Internazionale V – DAY
Casa Julka

In data 23 Ottobre leggiamo un documento nato all’unanimità nel Consiglio Regionale Toscano ed indirizzato al Presidente del Consiglio. Di seguito i particolari del comunicato: "Siria, il grande abbraccio del Consiglio al popolo curdo e l’impegno a commemorare Hevrin Khalaf. Gazzetti in aula: “Lo spirito della condanna dell’attacco e della solidarietà ci ha unito tutti”.
Unanimità dell’assemblea di palazzo del Pegaso
Massima e totale solidarietà al popolo curdo da parte di tutto il Consiglio regionale della Toscana che stamani, all’unanimità, ha approvato la mozione di ferma condanna dell’intervento militare della Turchia nella Siria mediorientale, esprimendo vicinanza e solidarietà a tutto il popolo curdo; con anche l’impegno a commemorare Hevrin Khalaf, la giovane attivista barbaramente assassinata nei giorni scorsi. “Ad unirci tutti è stato lo spirito di questo testo – ha detto il consigliere del Pd in Regione Francesco Gazzetti presentando in aula la mozione che ha unificato i testi di Pd, Sì Toscana a Sinistra e Lega - un documento che è diventato patrimonio sia di coloro che avevano preparato gli atti su cui abbiamo lavorato ed anche di chi ha poi deciso di sottoscrivere la nuova formulazione. Ed io voglio ringraziare per il lavoro e la disponibilità sia gli uni che gli altri. Così facendo, tutti insieme, abbiamo fatto sentire forte e chiara la voce del Consiglio che ha espresso la sua ferma condanna rispetto all’attacco militare unilaterale deciso dal Governo turco guidato da Erdogan e la solidarietà e la vicinanza ai bambini, alle donne, agli uomini curdi vittime della violenza e dell’oppressione. Il sostegno così ampio, unanime, a questa mozione – ha aggiunto Gazzetti - è il segno della grande sensibilità che la Toscana, terra di Pace e di uomini come padre Ernesto Balducci, sa esprimere. Una sensibilità che la rende speciale e che in situazioni come questa sa far prevalere questo spirito alle divisioni ed alle contrapposizioni”. Il testo della mozione, come spiegato nel dettaglio Gazzetti che ne è il primo firmatario, nato, come detto, dagli atti presentati separatamente da Sì-Toscana a Sinistra e Lega e che, al ternine di un accurato lavoro di sintesi, ha permesso di presentare in aula un testo che è stato sottoscritto da tutte le consigliere ed i consiglieri dell'assemblea regionale compresi i Presidenti Rossi e Giani. Nella nuova formulazione, oltre ai temi sopra citati ed alla adeguata commemorazione di Hevrin Khalaf così come avvenuto anche per il giovane Lorenzo Orsetti, si chiede un impegno alla Regione a rafforzare il proprio ruolo di coordinamento degli attori del territorio che operano nella cooperazione internazionale, di perseguire forme di aiuto concreto alla popolazione curda, a partire dalla cooperazione sanitaria sul campo come già anticipato dal Presidente della Giunta Rossi. E poi a continuare ogni azione utile, insieme ad ANCI e ai Comuni della Toscana, volta a sensibilizzare l’opinione pubblica circa la necessità di: condannare l’attacco militare turco, chiedere l’immediata interruzione delle ostilità, l'applicazione del diritto umanitario in modo che tutti i feriti possano ricevere le cure a cui hanno diritto. La mozione impegna anche ad attivarsi nei confronti del Governo italiano, affinché l’interruzione della fornitura delle armi riguardi non solo le future forniture ma anche quelle correnti; e nei confronti della comunità internazionale affinché venga richiesta la sospensione dei negoziati di adesione della Turchia all’Unione Europea e si valutino sanzioni concrete nei confronti della stessa Turchia; a porre inoltre in sede Nato di valutare l’opportunità, allo stato attuale, di proseguire con la missione Nato “Active Fence” che vede l’impiego delle truppe italiane sul campo, nonché valutare ogni iniziative possibile per garantire l’incolumità dei civili presenti nel territorio, tra le quali l’eventualità di creare una no fly zone nell’area interessata per proteggere la popolazione dei bombardamenti. La mozione è stata approvata con voto unanime da parte del Consiglio Regionale”.
ONE BILLION RISING ringrazia le forze politiche che hanno lavorato per la stesura della mozione, compiendo una scelta netta e unitaria a difesa delle donne e delle popolazioni curde e condannando in modo chiaro la Turchia di Erdogan.
Ringraziamo quelle e quei rappresentanti istituzionali che hanno accolto il nostro documento e il Consigliere Francesco Gazzetti, primo firmatario del testo della mozione.
Invitiamo i Consigli regionali del paese a fare la scelta del Consiglio Regionale Toscano le nostre sorelle italiane a lavorare insieme per la difesa e la giustizia che le donne curde meritano.

venerdì 27 settembre 2019

La settimana della Danzamovimentoterapia APID. 29 Settembre - 6 Ottobre in tutta Italia!

di Simonetta Ottone • Torna, nella sua Quarta Edizione, La Settimana della Danzamovimentoterapia (DMT) APID®, dal 29 Settembre al 6 Ottobre: tante le iniziative in programma e tantissime le realtà coinvolte! 

Sarà una marea di donne (e qui ci ispiriamo a Monica Lanfranco che così ha chiamato, Marea, la sua straordinaria rivista femminista ultraventennale), che muove decine, centinaia, migliaia di persone in tutta Italia! 

 Le donne, creature della quotidianità che le vuole oggi più che mai invisibili, marginali, sovraccaricate dalla crescente assenza di servizi sociali; il massacro dei comparti economici che riguardano l’ambito del sociale e della cultura, le colpisce infatti direttamente come lavoratrici e professioniste a larga maggioranza di questi settori.

Donne italiane, ovvero il grande ammortizzatore del sistema paese, sempre più escluse dall’opportunità di partecipare attivamente alla vita pubblica e politica , laddove si dirige, si decide, si incide. Donne spesso più qualificate e meritevoli sacrificate (sacrificando l’evoluzione di tutta la società!), per mancanza di opportunità, iniqua distribuzione dei carichi domestici, boicottaggio di genere da parte di molti uomini che sono ai posti di comando e si “allargano” sempre più (grazie all’imbarazzante cameratismo di genere di stampo patriarcale, ogni giorno più ostentato). 

APID® è l’Associazione che regolamenta in Italia la professione della DanzaMovimentoTerapia: è costituita in larghissima maggioranza da donne, in ogni  organo e il Comitato Scientifico vede la presenza di tre donne e un uomo.

L'anteprima della manifestazione è prevista per il 28 Settembre a Livorno (con il supporto e il Patrocinio del Comune di Livorno). DOMENICA 29 SETTEMBRE sarà la giornata dei  FLASHMOBS della DanzaMovimentoTerapia: tutto fuori è caos e frenesia, dimenticanza di sé e degli altri. Le danzamovimentoterapeute italiane (e colleghi) inviteranno al silenzio e all’ascolto. Ci guarderemo l’una nell’altro con un augurio: FERMATI, ASCOLTA, DANZA. 

E’ questo che fa la DANZAMOVIMENTOTERAPIA: ci fa ricordare di noi, e di quanto sia importante investire sulla Centralità della Persona, nel nostro lavoro e nella testimonianza che portiamo nei vari ambiti della Società. Investire quindi nella COMUNITA’, in un progetto di Cura che coinvolge e mette in dialogo il mondo dell’Arte, dell’Educazione, della Salute.

Anche in questa Edizione continueremo a parlare di ciò che il nostro lavoro smuove innanzitutto nelle persone, nelle realtà e nei molteplici settori ove viene applicato. 

Avremo ancora l’opportunità di misurarci, in modo originale, con la realtà delle varie regioni e dei territori e mettere in risalto un lavoro locale che si collega e si inserisce in un respiro nazionale, con possibilità di confronto con la realtà europea, all’interno delle nostre specificità.
APID® da più di venti anni rappresenta in Italia questa sintesi straordinaria, svolgendo un’azione di avanguardia costante, in rapporto alle istituzioni e ai vari settori dell’Educazione, Riabilitazione, Prevenzione, Ricerca. 
Il paese risponde a questo momento di connessione vera, reale, dal vivo, irripetibile.  

Tantissime le località e le città che si mobilitano: da Reggio Calabria a Torino, da Palermo a Milano, da Napoli a Livorno, Genova, Vercelli, Venezia, Ascoli Piceno, Roma, Frosinone,  Ragusa, Catania, Rivoli,  Firenze, Vicenza, Bari, Perugia, Parma, Modena, Como, Siracusa, Bergamo,  Grosseto, Padova, Novara, Monza,  Foligno,  sono solo alcune delle Città unite nella SETTIMANA DELLA DANZAMOVIMENTOTERAPIA APID® 2019! 

Una manifestazione che assurge ad auspicio e invito a ritrovare il volto più autentico del nostro paese, in tutti i suoi “pezzi, belli e diversi”,  per svuotarlo dalla paura e riempirlo di speranza!
#Fermatiascoltadanza
#settimanaDMTAPID
#danzamovimentoterapia
#arteducazionecura
www.apid.it


giovedì 6 giugno 2019

"Vai Bela!" Vai Bella, pedala verso la libertà!

di Simonetta Ottone •  Quel giorno dovevo andare a lezione di danza; mio padre mi disse che sarebbe venuto a prendermi, avremmo mangiato qualcosa di veloce e saremmo andati a vedere una tappa del Giro d’Italia femminile, che passava da Firenze. Si trattava nientemeno del Giro d'Italia Femminile  Prima Edizione! Sulle strade che da Milano portano a Roma, attraverso 8 tappe e 764 chilometri. 
Era un giorno speciale, di quel Giugno del 1988. L’aria d’inizio estate, quella situazione d’attesa e quell’emozione che mio padre aveva deciso di condividere con me, hanno parlato chiaro, a posteriori. Passarono come delle furie, quelle donne in bicicletta. 
Veloci, i corpi possenti, sulle biciclette piegate rasoterra curvando il nostro Duomo. Feci a tempo a vedere i loro colori, a sentire l’aria che penetravano, spostavano violentemente in un attimo in cui l’errore di una avrebbe portato con sé il destino di tutte. Indomite e fugaci, sparirono subito, lasciandomi un po’ interrogativa, come alla fine di una danza che non dovrebbe finire mai. 
A casa nostra l’estate la televisione serviva per sentire il ciclismo. Non ho ricordo di trasmissioni di calcio, ma solo delle voci concitate degli speakers che raccontavano i grandi appuntamenti: il Giro d’Italia, innanzitutto, ma anche quello di Francia. 
Spesso mio padre va a vedere ancora oggi alcune tappe, perché il Giro d’Italia è una manifestazione piena di storia, di grandi gesti e speranze. Tra un allenamento e l’altro “babbo”, che a 80 anni si divide ancora quotidianamente tra canoa e bicicletta, mi ha raccontato di queste ragazze che vanno in bicicletta, pedalando lontano, dichiarando al mondo la loro autonomia di spostamento, andando a prendersi la loro libertà. 
Dunque ho pensato di farmi raccontare qualcosa e gli ho fatto delle domande, a Pier Luigi Ottone, che mi ha risposto per iscritto (non è un grande conversatore!), da buon ex cronista sportivo. Di seguito il suo racconto: 
 “Quella che segue è una miscellanea di annotazioni che ho raccolto senza uno scopo e senza un ordine logico. Sono solo delle notizie raccolte a destra e a sinistra, o memorizzate e successivamente approfondite, su un argomento, il ciclismo, che mi interessa particolarmente. Così ho notato, con sorpresa, quanto l'attività ciclistica non sia un esercizio prettamente maschile ma, fin dal suo nascere, fine Ottocento, viene praticato anche dalle donne. 
 Inizialmente poche magari, poche a precorrere i tempi, ma importantissime in quanto si sono imposte all'attenzione generale, della gente, della stampa e delle realtà sociali gettando le basi, in un mondo maschilista, di una diffusione che in poco tempo ha coinvolto l'universo femminile, soprattutto in Occidente. Le origini della bicicletta risalgono a più di 200 anni fa, al 1790. 
Nel 1816 la ruota anteriore venne resa sterzante ed il velocifero prese il nome di draisina, senza freni e senza pedali, per cui per mandare avanti la “macchina” bisognava continuare a scalciare con i piedi. Ma ormai il progetto, seppure rudimentale, di fornire l'uomo di un mezzo con cui muoversi in autonomia era nato, era da migliorare e perfezionare; così, a cascata, vennero i miglioramenti e gli accorgimenti tecnici. 
Nel 1861 alla ruota anteriore vennero applicati i pedali, e nacque il velocipede. Nel 1880 venne realizzato il sistema di trasmissione del movimento tra i pedali e la ruota posteriore tramite la catena e la “macchina” prese il nome di biciclo. Con la bicicletta le masse popolari iniziarono a muoversi, a spostarsi, a confrontarsi in competizioni, a divertirsi. Con la possibilità di trasferirsi rapidamente da un posto a un'altro, da un paese all'altro, si annullarono le distanze, aumentò la curiosità di vedere e di esplorare, e nacquero numerosi movimenti escursionistici e turistici soprattutto in Europa e nell'America del nord. 
Questa passione contagiò tutte le classi sociali, uomini e donne. In particolare queste ultime, dedicandosi ad una attività considerata maschile, sfidarono i pregiudizi dell'epoca e della gente e contribuirono decisamente all'emancipazione femminile. 
Susan B. Anthony, avvocata e suffragetta americana, nella seconda metà del 1800 lottò con accanimento per l'emancipazione delle donne e per la conquista dei loro diritti sia sul lavoro che in altri temi sociali; nel 1849 fondò l'associazione nazionale americana per il suffragio femminile. Nel corso di un convegno ebbe a dire: “lasciate che vi dica cosa penso dell'andare in bicicletta. Penso che la bici abbia fatto per l'emancipazione della donna più di ogni altra cosa al mondo. Da alle donne la sensazione di libertà, di emancipazione, garantendo la possibilità di muoversi al di fuori dei rigidi confini della propria dimora e lontano dal severo controllo degli sguardi altrui”. 
Altro grande personaggio e punto di riferimento del mondo femminile, fu Anne Londonderry Kopchossky; moglie e madre di tre figli fu, nel 1894, la prima donna acompiere il giro del mondo in bicicletta

Lo fece in quindici mesi e lo fece per scommessa. Nel 1884 l'aveva fatto Thomas Stevens, un uomo quindi, e l'opinione corrente era che una donna non ne sarebbe mai stata capace in quanto fisicamente inadatta ed incapace di affrontare pericoli ed avversità. 
Nacque un giro di scommesse, Anne trovò uno sponsor che per 100 dollari scrisse il nome della propria ditta sulla bicicletta e partì da Boston con i 100 dollari in tasca e qualche vestito nella borsa insieme ad una rivoltella, non si sa mai. Anne partì salutata da una moltitudine di persone, in questa moltitudine non c'era suo marito. 
Come detto partì da Boston, arrivò in Cina, a Singapore, a Gerusalemme e in una infinità di altre località. Ovunque veniva accolta e seguita per la strada da centinaia di ammiratori; la gonna lunga la impacciava, e lei se ne liberò e indossò i pantaloncini, per l'epoca una trasgressione inaudita. 
Concluse il suo viaggio a Boston, accolta trionfalmente, abbattendo ogni barriera di pregiudizio: era forte come un uomo, coraggiosa più di un uomo, per di più con le cosce all'aria. 
Fu una rivoluzione culturale, la rottura di ogni convenzione. 
In Europa, nel 1898, Emile Zola scrisse che la bicicletta era "lo strumento che azzerava la differenza fra i sessi", in tal senso ha avuto un ruolo fondamentale nella emancipazione femminile. 
Facciamo un salto di circa 150 anni per ritornare al presente, ai giorni nostri e ad una storia di secondaria importanza ma, nel suo piccolo, assai emblematica e parliamo di Admiral al Turkistam. E' una ragazza musulmana, che è andata a completare gli studi universitari a Boston (ancora Boston come prima!) dopo di che rientra al suo paese: l'Arabia Saudita. Ha 22 anni, è una ragazza come tante, e come tante ha una passione, la bicicletta. 
Siamo nel 2015, ma siamo anche in un paese integralista dove alle donne non è permesso prendersi libertà. Nonostante l'avversità dell'ambiente, degli amici e dei parenti, Admiral al Turkistan va in giro da sola con la sua bicicletta. Suscita curiosità e scandalo, ma è anche di esempio per tante altre ragazze come lei; insomma qualcosa ha mosso intorno a sé e tante altre giovani si uniscono a lei, salgono in bici e con questa vanno a scuola, a lavorare, in gita pur rispettando le limitazioni imposte all'abbigliamento, che deve essere quello tradizionale. 
E spostiamoci in un altro paese mussulmano: l'Afghanistan dove l'emancipazione femminile è un processo lento e lungo, fortunatamente aiutato dallo sport con i suoi regolamenti e impegni internazionali. Fino a pochi anni fa la pratica dello sport era esclusivamente maschile, ma solo recentemente anche le donne hanno potuto accedere alle varie federazioni nazionali: nel 2007 al calcio, nel 2010 al cricket, nel 2007 al basket, e così via, seppur con attenzione alla loro cultura: le calciatrici indossano durante le partite una maglia con una specie di cappuccio aderente, che funge da velo. Solo nel 2015 una donna afghana ha potuto correre la maratona, si chiama Zainab, ha 25 anni ed è stata la prima donna afghana a poterlo fare; la manifestazione si correva in Afghanistan e lei era l'unica partecipante femmina. 
Pochi anni prima è nata una bella storia ad opera di Shannon Galpin, una attivista americana, nata nel 1974, promotrice nel 2006 in Afghanistan del movimento Afghan Cicles; questo si rivolge alle donne afghane di 20-30 anni che in famiglia hanno ricevuto violenze e maltrattamenti. 
La promotrice americana vuole insegnare alle ragazze ad andare in bici, le tecniche del ciclismo e far loro apprezzare il senso di libertà che dà la bicicletta il cui uso è, o era, vietato in Afghanistan alle donne, soprattutto per resistenze culturali.   
Per le cicliste la vita è dura, l'ostilità è totale, in allenamento vengono per così dire lapidate, fatte oggetto di aggressioni sia fisiche che verbali, le loro famiglie minacciate. Ma non demordono e la Shannon Galpin divulga all'estero la sua iniziativa trovando consensi e collaborazione in diversi paesi che organizzano raduni ciclistici a favore delle ragazze afghane. 
In Italia l'ex ciclista professionista Andrea Ferrigato indice un raduno amatoriale nel Veneto a loro sostegno. E le cicliste afghane pedalano e pedalano fra un sasso e un insulto, ma riescono a fare nascere ufficialmente la nazionale afghana femminile che si comporta decorosamente nelle gare e ottiene riconoscimenti in Corea, Pakistan, Kazakistan, Bangladesh; ora ha per obiettivo di andare alle olimpiadi di Tokio del 2020. 
Due belle storie italiane: naturalmente nei paesi occidentali lo sport femminile è praticato da moltissimi anni, fin dalle olimpiadi di Parigi del 1908 anche se non ufficialmente, e da quelle di Stoccolma del 1920 ufficialmente. 
Anche corse particolarmente impegnative come il Giro d'Italia ed il Giro di Francia si sono aperte alla partecipazione femminile sia pure su percorsi più brevi ed in un minore numero di tappe rispetto ai maschi. La prima edizione del Giro d'Italia femminile risale al 1988, del Giro di Francia al 1984 dopo una prima edizione nel 1955 seguita da una sospensione di trenta anni. Moltissime sono le cicliste italiane e straniere che si sono messe in luce ma mi piace ricordarne due italiane, Alfonsina Strada e Maria Canins. 
Alfonsina Strada (1891/1959) è ritenuta fra le pioniere della parificazione fra maschi e femmine nello sport e un esempio di emancipazione delle donne anche al di fuori dello sport.

E' stata una formidabile ciclista, nata a Castelfranco Emilia da una coppia di braccianti, una dei dieci figli messi al mondo. Nel 1901 il babbo portò a casa una bicicletta, anzi più che una bicicletta un rottame di bicicletta. Alfonsina se ne innamorò e se ne impossessò pedalando furiosamente per le campagne. Sorpassava con facilità i ciclisti uomini che incontrava e a quattordici anni partecipò di nascosto ai genitori alle prime gare, in casa diceva che sarebbe andata a messa. Le bugie però hanno le gambe corte e la mamma la scoprì. Le disse che se voleva continuare a correre avrebbe dovuto sposarsi e andare via di casa, Alfonsina così fece e a 14 anni si sposò, per regalo di nozze chiese e ottenne una bicicletta e suo marito divenne il suo primo tifoso e preparatore atletico. Si trasferì a Torino e iniziò a gareggiare sia su strada che su pista, in Italia e in Francia. Era forte e cercava altre esperienze così nel 1917 chiese e ottenne il permesso di partecipare al Giro di Lombardia, gara esclusivamente maschile su un tracciato molto severo. Partirono in 43, ovviamente lei unica donna, che si classificò in 23esima posizione. Vi partecipò nuovamente nel 1918 giungendo 21esima su 49 partecipanti. Nel 1924 ebbe il permesso di partecipare fra mille polemiche al Giro d'Italia, gara a tappe esclusivamente maschile ma un regolamento imperfetto glielo consentiva. Gli organizzatori pensarono di schivare la tempesta iscrivendola come Alfonsin Strada, ma ben presto dovettero specificare che non era Alfonsin ma Alfonsina suscitando un vespaio di critiche e ironia, ma anche curiosità richiamando lungo le strade della corsa tanta gente venuta a vedere la suffragetta. In una delle prime tappe giunse fuori tempo massimo a causa di numerosi incidenti tecnici che ne rallentarono l'andatura. Riconoscendo questi problemi nei quali era incorsa l'Alfonsina, ma soprattutto riconoscendone il valore ed il coraggio, la giuria non la squalificò escludendola dalla gara ma le permise di continuare la medesima fuori classifica. Concluse il giro onorevolmente e fu fra i 30 concorrenti che lo terminarono su 108 iscritti. In un'epoca in cui la parità fra uomo e donna era ancora lontana, Alfonsina fu un esempio altissimo per tutte le donne e per il regime improntato al più aperto maschilismo. 
Passano gli anni e il movimento ciclistico femminile, sia amatoriale che agonistico, dilaga notevolmente con molte atlete italiane che si mettono in bella evidenza. Fra tutte mi piace ricordare un delicato e simpatico episodio di Maria Canins, ciclista trentina nata nel 1949 a Badia che ha un palmares lungo un metro; fra le vittorie più importanti un Giro d'Italia, due di Francia, ovviamente riservati alle donne, nonché medaglie ai campionati del mondo e alle Olimpiadi, ed ha concluso la carriera nel 1995 ricevendo la più alta onoreficienza al merito sportivo. In salita andava come una moto e nessuna avversaria riusciva a starle dietro, ma in discesa era una frana, sbagliava tutte le traiettorie in curva, e dovendo rallentare perdeva il vantaggio accumulato in salita. Il marito, trentino anche lui, era il suo primo supporter, il suo preparatore ed il suo manager. Conscio delle lacune della moglie in discesa, decise di aiutarla nei limiti in cui poteva farlo. Quindi pensò di indicarle, curva dopo curva, la direzione e la traiettoria giuste da seguire al momento di impostare la curva. Così la notte che precedeva la tappa di montagna, con salite lunghe e discese insidiose, il marito si muniva di un secchio di tinta bianca e di pennello, e, curva dopo curva, disegnava sulla strada la freccia dalla parte giusta ove affrontare il tornante seguendo la quale indicazione, Maria non avrebbe né sbagliato né rallentato. Difatti la ciclista scendendo individuava la freccia bianca disegnata dal marito e con sicurezza impostava la curva, senza dovere rallentare. 
Quando poi la discesa era finita, accanto alla freccia che indicava l'ultima curva, il marito scriveva “vai bela”, l'equivalente veneto di “vai bella!”. Maria sapeva che da quel momento in poi non ci sarebbero state più curve, perciò poteva dare gas al massimo e involarsi verso il traguardo".

lunedì 22 aprile 2019

Progetto Casa Julka. Pioniere, Lisa Ullmann e la danza educativa

di Simonetta Ottone • A un anno dalla sua apertura (29 Aprile 2018) Casa Julka, casa delle donne, promuove diversi appuntamenti importanti. Il 7 Aprile è stato Giornata Mondiale della Salute: il Centro DanzArte – Movimento e ArtiTerapie, celebra ogni giorno la Salute della Persona, attraverso attività rivolte al Corpo e alla Mente. Questi i prossimi incontri:

Il 29 Aprile, per la Giornata Internazionale della Danza (Conseil International de la Danse UNESCO), è previsto un doppio appuntamento: 
La Casa che abito

Lo Spazio nel Sistema Laban/Bartenieff e in DanzaMovimentoTerapia. 

L'11 Maggio, il Progetto Casa Julka organizza un appuntamento del ciclo Pioniere: Lisa Ullmann. 

Un incontro sulla Storia della Danza e dell’Arte. Un’occasione per ricordare quanto la Danza sia stata, nella storia del Novecento, un modo di riconoscere la centralità della donna nel mondo dell’arte e della cultura e abbia rappresentato un rivoluzionario modo di resistere alle dittature (in particolare del nazifascismo) e del pensiero unico, acritico, oscurantista del proprio tempo.
Tuttora, nel mondo della danza in tutte le declinazioni, lavorano e creano tantissime donne, anche se negli ultimi anni si è diffusa una danza tutta muscoli e apparenza, a firma di svariati coreografi uomini, e non solo.
Diana Jordan (da The Dance as Education, 1938), sosteneva l’importanza di considerare la danza come una forma di espressione creativa ed artistica e non come un’appendice dell’educazione fisica.
Nel 1937, dopo aver lasciato la Germania a causa dei sopravvenuti contrasti con il regime, Laban trascorse, stanco e sofferente, un periodo a Parigi. Lì incontrò Lisa Ullmann, una figura molto importante nello sviluppo delle sue ricerche nell’area educativa.
Il sodalizio tra Laban e Ullmann fu lungo; insieme fondarono Art of Movement Studio, a Manchester, Centro che il Ministero dell’Educazione inglese individuò (1950) come luogo di formazione ove gli insegnanti potevano formarsi in Danza Moderna Educativa, ritenuta materia di studio per lo sviluppo della creatività e del senso critico, attraverso la pratica pedagogica basata sui fondamenti del movimento.
Dopo la morte di Rudolf Laban, Lisa Ullmann continuò a diffondere la danza moderna educativa, che entrò a pieno titolo nella maggior parte delle scuole primarie inglesi.
(fonte: La Danza Moderna Educativa di R.Laban, tradotto e commentato da L.Delfini e F.Zagatti) Simonetta Ottone e Lorella Rapisarda ci parleranno di questa Pioniera della Danza Moderna in Inghilterra, proseguendo il lavoro di Casa Julka nel diffondere l’Arte, la Cultura, l’Operato delle Donne.

• inoltre, 11 e 12 Maggio a Livorno: Workshop – Formazione Permanente APID; condotto da Simonetta Ottone e Lorella Rapisarda.

domenica 3 marzo 2019

Staje' mmano all'Arte. Arte come umanizzazione dell'educazione e della cura

Napoli 23-24 Marzo 2019: “Staje 'mmano all'arte”, stai in mano all’Arte.

Mai nome fu più indicato per questo Convegno che porta in sé tutta la visione del nuovo Direttivo (subentrato con le elezioni del 2018) a guida Ottone, di APID: Associazione Professionale Italiana DanzaMovimentoTerapia (nella foto sotto: Simonetta Ottone).

Grandi sono le scommesse, controcorrenti rispetto ai tempi, che propone APID: Arte come umanizzazione dell’educazione e della cura, laddove la sommatoria di saperi tecnico – scientifici non è mai assimilabile a quel “Tutto”, che la persona è.

Il corpo e il movimento, in una prospettiva antropologica, nelle diverse culture; la cura nei processi educativi e formativi; la relazione di genere, sono i punti cardini dell’appuntamento.
L’approccio pedagogico, psicologico ed artistico, in ambito educativo, clinico, socio – culturale, saranno gli argomenti centrali che verranno trattati dal nuovo Comitato Scientifico APID, che vanta nomi quali Rossana Becarelli, Magda Di Rienzo, Massimo Fiorucci, Maria D’Ambrosio.
Un Comitato anch’esso controcorrente, poiché basato su approcci “non convenzionali”, ma supportati da evidenze scientifiche, studi ed esperienze di altissimo profilo, in ambito sanitario, universitario e di ricerca.
Un Comitato, per la maggioranza al femminile, che  inserisce a pieno titolo la manifestazione tutta nel  “Marzo Donna” della Città Metropolitana di Napoli, con lo scopo di rappresentare un momento di formazione permanente per i soci APID ma anche di scambio interdisciplinare e di apertura alla comunità ed alla cittadinanza.
La collaborazione con la Consigliera di Parità della Città Metropolitana di Napoli sottolinea, una volta in più, la capacità di APID di essere presente su tutto il territorio nazionale, partendo dal sud e risalendo in lungo e in largo la penisola, promuovendo, supervisionando e monitorando una professione, quella della DanzaMovimentoTerapia (ai sensi di L. 4/13), che richiede molta formazione e aggiornamento permanente.
La qualità e l’originalità della proposta formativa è costituita non solo dal livello degli interventi dei quattro membri del neo Comitato Scientifico APID al completo, ma anche da Worshops, Posters e confronti in varie forme da parte delle/i socie/i APID, riunit* in Sezioni Locali e Gruppi di Studio, in numero sempre crescente in ogni zona d’Italia.

Il fine settimana a Napoli vedrà anche APID riunirsi nell’Assemblea annuale e confrontarsi in ogni suo organo. Altre info > QUI.

martedì 12 febbraio 2019

Le Donne che somministrano Terapia attraverso l'Arte

di Simonetta Ottone • Le ArtiTerapie (la DanzaMovimentoTerapia, la Musicoterapia, l'Arteterapia…) sono professioni altamente qualificate che vengono applicate da tantissimi anni in contesti istituzionali e non, pubblici e privati, anche in ambito clinico (prevenzione e  riabilitazione), socio-educativo, oltre che educativo, rivolto alla salute, al benessere, alla qualità della vita della Persona.
Un settore in cui lavorano tantissime donne (la maggioranza!). Queste si trovano spesso in condizioni contrattuali estremamente fragili e discontinue; tuttavia, le persone e le istituzioni utilizzano largamente questo tipo di terapie, in sostegno e in supporto ad altre terapie, spesso di natura medica, all'interno di progetti terapeutici ufficialmente riconosciuti.

Siamo le terapeute che entrano ovunque, e svolgono un prezioso presidio di accessibilità alla salute in situazioni territoriali e domiciliari. Lavoriamo nei nostri studi, ma soprattutto in ospedali, Centri diurni, Comunità, Case Famiglia, Hospice,  Scuole, Consultori… ricevendo ogni giorno conferma dell'importanza del nostro lavoro sul campo, evidenziato da ricerche scientifiche a livello nazionale e internazionale.
In altri paesi le nostre figure hanno piena dignità e visibilità, accanto a figure mediche, nella piena armonizzazione del  progetto sanitario promosso e sostenuto dalle Istituzioni deputate alla salute del Cittadino nelle varie realtà nazionali.
Il nostro risulta essere un Alto Profilo professionale, secondo gli standard europei.
Per tutte queste ragioni, chiediamo di supportarci nella richiesta di applicazione dell'art. 5, iniziativa dal mondo delle terapie psicocorporee ad indirizzo artistico (danzaterapia, musicoterapia, etc) della Legge 3 del 2018.

Da più di un ventennio anche nel nostro paese si sono sviluppate attività di ricerca applicata nell'ambito educativo, riabilitativo e terapeutico (ad esempio le terapie psicocorporee ad indirizzo artistico e non solo), attività che già operano nel sistema sanitario e per le quali è stata approvata una normativa ad hoc attraverso l'art. 5 della legge 11 gennaio 2018, n. 3, “Delega al Governo in materia di sperimentazione clinica di medicinali nonchè disposizioni per il riordino delle professioni sanitarie e per la dirigenza sanitaria del Ministero della salute", normativa che istituisce un canale di candidatura per le nuove professioni del settore.

La collocazione di queste discipline nel settore sociosanitario risponde alla sempre più diffusa e radicata visione del benessere e della salute come doveri sociali, sia della collettività nei confronti del singolo sia del singolo verso la collettività.
A fronte di un ritardo nel percorso attuativo della norma per la candidatura sociosanitaria di tali attività riguardante molti operatori, il Gruppo Promotore Interdisciplinare sollecita  “l'applicazione dell'art. 5 della legge 3 dell'11 gennaio 2018 riguardante l'attivazione dell'area sociosanitaria, con specificazione delle modalità di candidatura per le nuove professioni”.
Roma, 19-1-2019
per il Gruppo Promotore Interdisciplinare: 
Dott.ssa Mila Sanna, Psicologa e Psicoterapeuta
Danzaterapeuta Simonetta Ottone
Musicoterapista Rolando Proietti Mancini

mercoledì 30 gennaio 2019

One Billion Rising Livorno a Casa Julka

Anche quest’anno #1BillionRising fa sentire la propria voce contro ogni forma di abuso e violenza maschile su donne e bambine. Saremo in tantissime città del mondo per difendere e pretendere la libertà delle donne, e manifestare contro la violenza con ogni forma di arte: danza, musica, lettura, canto, teatro, incontri...

OBR è il più grande evento mondiale contro la violenza di genere, coinvolge 200 paesi del pianeta, mobilitando un miliardo di persone unite nell’affermare una cultura del rispetto e della solidarietà.  
One Billion Rising Livorno, nel “quartier generale” di Casa Julka, è in pieno fermento: dopo le svariate attività intorno alla Scrittura delle Donne, e dopo mesi in cui la Casa è aperta in orario esteso anche durante la settimana per attività volte alla Salute ed al Benessere delle Persone, ecco che giungiamo ad appuntamenti di particolare rilievo. 

Dopo anni di lavoro a contatto con donne portatrici anche di storie di violenza, DanzArte organizza “Gesti e Parole” Workshop teorico pratico di DanzaMovimentoTerapia, che mette al centro il comportamento maltrattante, attraverso la distruzione, la negazione o l’omissione di un linguaggio volto al rispetto dell’altr*. 

In che modo il corpo può essere utilizzato come ponte tra sé e l’altro per definire, oltre che l’esperienza del contatto, anche il concetto di limite e di definizione dei confini? Su quali canali verbali e non verbali si fondano le dinamiche del rispetto e dell’assertività?
Workshop in via Ricasoli 103, Livorno; Centro Studi DanzArte:
9 febbraio 2019 dalle h. 11 alle h. 21
10 febbraio 2019 dalle h. 10 alle h. 17
per info e contatti: casajulka@gmail.com

La Formazione è riconosciuta APID e sarà tenuto da  Simonetta Ottone, Danzamovimentoterapeuta e Presidente APID da lungo tempo impegnata nello studio della relazione di genere, e da Giacomo Grifoni, Psicologo, Psicoterapeuta, Socio fondatore del Centro Ascolto Maltrattanti di Firenze, esperto di tematiche inerenti la prevenzione e il contrasto della Violenza di Genere.
La Giornata si concluderà con la presentazione di “I Signori del Silenzio”, ultimo romanzo di Giacomo Grifoni (Lilit Books). Durante la serata saranno letti testi, oltre che di Giacomo Grifoni, anche di Eve Ensler e di Anna Maria Bernieri, Scrittrice e Poeta impegnata nei diritti delle donne, recentemente scomparsa, cui dedichiamo questa iniziativa.
“C’è un prezzo da pagare per raggiungere Eram.
C’è qualcosa di scuro che preme e vuole trovare la voce”.
G.G.

mercoledì 16 gennaio 2019

Psicologia, Scrittura, Contrasto alla Violenza sulle Donne. Intervista a Giacomo Grifoni

di Simonetta Ottone • Ho conosciuto Giacomo Grifoni nell'ambito del Convegno APID 2018, incentrato sul tema della Violenza, che caldeggiai personalmente nel Consiglio Direttivo di cui facevo parte.

Mi colpì la semplicità in cui, da uomo e professionista, trattava tematiche complesse con la naturalezza di chi è abituato ad analizzare le relazioni in un’ottica di genere, nelle asimmetrie di potere tra donne e uomini. Argomenti spesso appannaggio delle donne che lavorano per i diritti delle donne. Trovai straordinariamente potente la sua testimonianza a stretto contatto con “l’altra parte del cielo”: quella parte che ha grande difficoltà a parlare ed a trattare le dinamiche culturali del comportamento abusante di cui spesso si rende protagonista. In questa riflessione, infatti, gli uomini comuni sembrano i grandi assenti, come se la cosa di cui sono causa nemmeno li riguardasse, e il mondo della psicologia e della psicanalisi sembra a volte più centrato sulla persona che sul fenomeno. 
Giacomo tratta l’argomento in modo circostanziato e diretto, senza nascondersi dietro a inutili paroloni ad effetto, senza vanità o complessi di superiorità rispetto a chi lo ascolta. I rimandi teorici sono sempre inquadrati in risvolti applicativi, al di fuori da intellettualismi speculativi.
Come capita a me, nella mia attività professionale, utilizza la scrittura come mezzo di elaborazione e di sensibilizzazione culturale; scrive saggi, ma anche romanzi incentrati sul tema, rendendo possibile la diffusione di storie belle e necessarie. Brevi note su Giacomo Grifoni
Psicologo psicoterapeuta, socio fondatore Centro Ascolto Uomini Maltrattanti di Firenze, scrittore. Autore del saggio L’uomo maltrattante. Dall’accoglienza all’intervento con l’autore di violenza domestica, Franco Angeli 2016. Autore dei due romanzi La casa dalle nuvole dentro, Amicolibro 2017; I Signori del Silenzio, Lilit books 2018.

Di seguito le domande che ho pensato di porgli per Politica Femminile.
1 - Giacomo, da dove nasce la tua esperienza?  
Sono psicologo e da qualche anno scrivo narrativa. In realtà scrittore lo sono sempre stato, ma in gran segreto e con una specie di freno che mi ha a lungo impedito di uscire allo scoperto. Come per la produzione di tutte le opere artistiche, anche la pubblicazione di narrativa ha bisogno di un grande coraggio, che consiste nell’esposizione di un puro prodotto della propria fantasia. Più che la paura dell’insuccesso o della critica, c’è in gioco, credo, il sentimento della vergogna, che non puoi gestire se non hai raggiunto un certo equilibrio interno e non sei venuto a patti con le tue paure e i tuoi narcisismi.

Cosa ti lascia l’esperienza di socio fondatore del Centro Ascolto Uomini Maltrattanti? 
Ha significato e significa molto, non solo dal punto di vista professionale. Mi ha aiutato a riconoscere meccanismi e fenomeni di cui non ero per niente consapevole, fuori e dentro di me. Incontrare la violenza significa rivisitare un universo di stereotipi e rivedere la propria vita attraverso quella lente di ingrandimento. Dal punto di vista personale, l’esperienza al Centro mi ha sicuramente indicato un nuovo modello maschile tramite il quale esprimere aspetti intimi della mia creatività ed uscire così dalla logica della performance e dell’investimento di energie esclusivamente sulla parte “cognitiva”. Per me scrivere vuol dire generare creature simboliche, innanzitutto. Se poi queste creature cresceranno nel mondo in cui le ho partorite, non dipende solo da me.  
Chi sono le persone che hanno ispirato il tuo percorso? 
Il mio professore di filosofia al Liceo molti anni fa, che non smetterò mai di ringraziare. Alcuni incontri accademici felici, che mi hanno sollecitato ad andare in the deep, come dice Riccardo, uno dei personaggi del mio ultimo romanzo, suggerendomi che per imparare la psicologia dovevo leggere romanzi e guardare film oltre che studiare i manuali. Pochi amici cari, mia moglie Cristina e i miei figli Davide e Gabriele. Una menzione speciale merita mio fratello Francesco, attore, che ha curato in modo straordinario i booktrailer dei miei due romanzi La casa dalle nuvole dentro (ed Amicolibro) e I Signori del Silenzio (ed Lilitbooks) e con cui è iniziata una vera e propria collaborazione, con la finalità di creare un’unione tra letteratura e immagine. 

Riteniamo che questa sintesi sia molto feconda e portatrice di messaggi universali attraverso l’uso di differenti linguaggi e apra prospettive interessanti in termini di prevenzione e sensibilizzazione culturale su temi difficili come ad esempio la violenza. Questa esperienza è maturata e ci ha portato a vincere con il booktrailer I Signori del Silenzio il primo premio dell’edizione Booktrailer Premium 2018, Cinemaelibri on the road. Una grande soddisfazione che ci spinge a proseguire su questa strada. Continuando a rispondere alla tua domanda, imparo moltissimo ogni giorno da chi crede nel potere della fantasia. Da chi non si imbarazza nel dare voce a un proprio talento. Sono affascinato dai personaggi che sanno contaminare con un linguaggio affettivo il proprio lavoro, qualsiasi esso sia. Dall’oste creativo al poeta di strada. Dal salumiere al falegname artistico. Sono persone che spesso trasporto in molti passaggi di ciò che scrivo, con un ruolo minore ma molto romantico e appassionato. Ne sono attratto come una calamita e ritengo siano portatrici di una cultura verace e genuina. Amo stare in mezzo a loro mentre invece ho un po’ più difficoltà a frequentare contesti diciamo così, più “correct”. 

Cosa ritieni necessario per una generale evoluzione della relazione di genere? Come mai gli uomini spesso non hanno la stessa spinta emancipativa delle donne nelle relazioni e nel rapporto con la società? 
Domanda complessa. Vado con qualche idea a ruota libera. Abbiamo bisogno di formazione. Educazione al bello. Occasioni di ritrovo innovative. Laboratori. Ma in generale, di un ripensamento globale delle impalcature formali e informali della nostra società. Il maltrattamento a mio avviso è un effetto di molte questioni condensate in una. Il permanere di una mentalità patriarcale ma non solo. L’asfissia dei codici culturali a disposizione, per lo più binari, fondati sul “sei dentro” o “sei fuori”, anche in luoghi che dovrebbero generare apertura e capacità di restare in dialogo nell’incertezza. Permettimi a questo proposito una riflessione generale. Credo che viviamo nell’epoca della paura dell’altro in tutte le sue forme e la paura è spesso alla base della violenza. Quindi siamo tutti esposti al rischio di agirla o subirla. Riteniamo di aver fatto molti passi in avanti in termini di solidarietà e incontro tra le differenze. Se questo è vero in certi settori, in molti altri casi, soprattutto quando tocchiamo temi caldi dal punto di vista sociale o complessi come quelli dell’educazione o della violenza stessa, la cronaca ci dice che le cose non stanno esattamente così. La crisi economica dell’ultimo decennio è, se vuoi, solo un lato della faccenda. La crisi ci ha esposti al vero problema che premeva sotto, che è l’ignoranza affettiva. Le nostre risposte sono state molteplici ma molto caotiche. Al momento attuale, dietro all’apparente consapevolezza della necessità di una svolta, percepisco ovunque arroccamenti, anche molto mascherati. Tutti diciamo che dobbiamo cambiare, ma non ci troviamo d’accordo su come. Ciascuno ha la propria ricetta per la felicità o la spiegazione della causa per cui si è infelici. Il risultato è una difesa a priori dei propri “diritti contro” e non dei propri “diritti insieme”. Litighiamo subito, facendo così danni molto più grandi del problema che cerchiamo di risolvere. Tornando alla tua domanda, credo che noi uomini partecipiamo a questa eclissi generale di senso e di condivisione di un obiettivo comune quanto e come le donne, ma con una fatica in più. Quella di avere una forte disabitudine a trattare i sentimenti. La violenza è la punta dell’iceberg. Sotto ci può stare di tutto. Disorientamento, perplessità, fragilità personali. Dovremmo creare movimenti molteplici di gestione al maschile dei sentimenti, che sono altra cosa rispetto alle emozioni. Accompagnare gli uomini nel capire che senza la violenza anche loro possono stare meglio e sono più liberi. 

Cos'è per te la Scrittura?  
Molte cose insieme. Uno sfogo. Una necessità. Un esperimento. Un vero e proprio lavoro. Un test per capire chi mi vuole bene. Credo che un romanzo sia una produzione artistica scomoda. Molte persone che incontro non sanno bene come interpretarla. È il tuo hobby preferito? Il tuo nuovo passatempo? Un gioco? Affatto. Non si passa il tempo libero scrivendo. Proprio il contrario. La scrittura va alla continua ricerca del tempo. Penso che in Italia soprattutto ci sia difficoltà a percepire lo sforzo che sta dietro alla costruzione della narrativa di un certo tipo, e indipendentemente dal giudizio positivo o negativo su un’opera, l’impegno degli scrittori dovrebbe essere maggiormente riconosciuto, in tutta la filiera che segue la pubblicazione di un testo. 

Quali sono le autrici e gli autori che hanno lasciato il segno? 
Sono stato un lettore prolifico e disordinato. Ho letto molto, soprattutto in passato. Spesso sul mio comodino ho tenuto aperti quattro, cinque romanzi contemporaneamente. Molti non li ho finiti, ma sono lo stesso legato a loro. Mi hanno dato comunque qualcosa. Credo nella lettura episodica, puntiforme. Ad esempio, quella che consiste nell’aprire a caso un romanzo e leggerne mezza pagina. Una lettura non diacronica a volte stimola il cervello destro, aiuta a farse sintesi e ad associare di più.  Riguardo agli autori che hanno lasciato il segno, la lista è infinita. Dai grandi classici russi e francesi a Saramago. Tra gli ultimi cito Lispector, Bunker, DeLillo e McCarty. I romanzi gotici. Pavese. La letteratura horror americana. Un posto particolare occupa la musica, di cui sono anche modesto compositore, ma qui il discorso è molto più indietro rispetto alla narrativa. Chissà un giorno… Sono un fan accanito dei Cure e di tutto il movimento della new wave, per la carica rivoluzionaria che ha avuto negli anni ottanta rispetto al modo di fare musica. Ultimamente non riesco più di tanto a leggere, forse perché ascolto tante storie nel mio lavoro. L’ascolto, quello clinico intendo, a mio avviso attiva canali simili a quelli della lettura. Bisogna creare ponti, connessioni, rielaborazioni continue della trama di una vita.  

L’ultimo tuo romanzo I Signori del Silenzio sembra avere una tensione costante tra la memoria, le persone, il mondo desiderato e quello che ci ritroviamo davanti. Ce ne puoi parlare? 
I Signori del Silenzio nasce come figlio di La casa dalle nuvole dentro, che raccontava la storia di un uomo violento con la moglie e del suo percorso di cambiamento. Lo sforzo che ho fatto è quello di affrontare alcune tematiche come il malessere giovanile e le problematiche familiari e sociali connesse alla violenza attraverso una prospettiva più corale. Ne I Signori del Silenzio parlo delle trappole del silenzio e della negazione che attanaglia molte famiglie. Mi rivolgo al mondo dei giovani e al tentativo adolescenziale di comunicarci qualcosa in un codice che spesso non riusciamo o non vogliamo cogliere. Credo di aver prodotto un lavoro a più stili, sperimentale. Ci sono testi e sottotesti che si incrociano e da un punto di vista della costruzione è stato molto stimolante comporlo. Sono partito dall’idea di far scrivere al protagonista Martino, un ragazzo di sedici anni, un racconto ambientato in un mondo distopico dove i Signori un giorno stabiliscono che non si può più parlare e la gente va sottoterra per farlo. Entrando nella sua famiglia sbilenca, e seguendo le paure dei suoi genitori, forse si riuscirà a capire qualcosa di più del perché si è messo in testa di scrivere questo racconto. Probabilmente I Signori del Silenzio è un’opera più pessimista del primo romanzo, anche se credo che il mondo desiderato, come tu dici, faccia capolino lo stesso e possa diventare qualcosa di più che una semplice utopia.
Prossimi appuntamenti? 
La scrittura del terzo romanzo! Spero alcune nuove presentazioni, anche se sai, quando pubblico un libro è come se subito dopo me ne disinteressassi. Lascio fare a lui. Ovvio che gioisca per i suoi meriti e soffra per le critiche che riceve e rimanga male per l’indifferenza con cui viene accolto, ma ho una grossa resistenza a parlarne, almeno nei termini convenzionali del concetto di “presentazione”. Vorrei lo facessero gli altri, quello sì. Se vuoi far restare male uno scrittore, non devi tanto dire “brutto” a ciò che produce; piuttosto, evita accuratamente l’argomento quando sei con lui, e farai centro. Nel 2019 poi ho in ponte diverse partecipazioni a convegni e ad esperienze formative interessanti come ad esempio quella che faremo insieme a Livorno il nove febbraio, rivolta a danzaterapeute in formazione e finalizzata a riflettere sul “linguaggio del rispetto” attraverso un’ottica integrata e una metodologia innovativa. Nel corso della serata seguirà, sempre a Livorno, la presentazione de I Signori del Silenzio. Mi immagino sarà una giornata faticosa ma molto arricchente. Penso, in conclusione, che arte e scienza debbano fondersi e creare un nuovo linguaggio. L’educazione sentimentale ha bisogno di canali non saturi e credo che le vere alternative alla violenza si trasmettano attraverso proprio una sperimentazione intelligente, non ingenua, e creativa. Appena hai un appuntamento dove pensi sia possibile occuparsi di questo, chiamami e cercherò di essere presente!

Giacomo Grifoni sarà a Livorno (Centro DanzArte,Via Ricasoli 103, promosso da Associazione Compagnia DanzArte) il 9 e 10 febbraio 2019 per “Gesti e Parole. Apprendere e trasmettere il linguaggio del rispetto". Workshop riconosciuto Formazione Permanente APID, in co-docenza con Simonetta Ottone. Inoltre, sempre a Livorno, Sabato 9 febbraio 2019 ci sarà anche la presentazione de “I Signori del Silenzio” (LilitBooks) di Giacomo Grifoni, moderato da Simonetta Ottone. Iniziativa nell'ambito di One Billion Rising 2019, Movimento V – DAY.