mercoledì 11 novembre 2015

Tre ghinee per prevenire una guerra. La Virtù dell'oscurità in scena a Prato

Cosa possiamo fare per prevenire la guerra? Questo si chiedeva Virginia Woolf nel 1936, con l'Europa sull'orlo di un nuovo spaventoso conflitto, mentre scriveva il saggio Le tre ghinee, immaginando di rispondere alle richieste di finanziare tre iniziative: per la pace, per l'istruzione femminile e per l'accesso delle donne alle professioni. 
Nelle sue risposte una riflessione che mostra come le tre cause siano inseparabili; come alla radice di tutto ci sia il potere garantito dalla violenza, uno stesso meccanismo che produce il patriarcato e il fascismo, che fa l'uomo protagonista del contesto sociale mentre isola la donna nella sfera privata, alienando entrambi
La differenza uomo-donna può, e deve, generare nella donna l'indifferenza per i valori politici e morali della cultura maschileImmaginando di possedere 3 ghinee, la sua scelta fu di devolvere una ghinea al college femminile a condizione che vi si insegnassero medicina, matematica, musica, pittura, letteratura. E l'arte dei rapporti umani; l'arte di comprendere la vita e la mente degli altri, insieme alle arti minori che le completano: l'arte di conversare, di vestire, di cucinare. Arti che portano pace perché uniscono le persone, s'insegnano con poca spesa e sono alla portata anche dei poveri. Nel college non dovranno invece essere insegnate le arti che dividono, opprimono e producono guerre, quali il saper governare, uccidere, accumulare terre e capitali. 
Una seconda ghinea per l'associazione volta a favorire l'accesso indipendente delle donne alle libere professioni, ma in ambiti non gestiti o influenzati da uomini: se le professioni potessero essere esercitate dalle donne, infatti, ne sarebbero trasformate grazie al diverso modo di essere del femminile, e  anche di qui verrebbe un importante impulso contro ogni guerra.
Una terza ghinea, infine, a un'associazione pacifista maschile; auspicando però anche la nascita di un'associazione pacifista femminile, che lei chiamerebbe «Società delle Estranee»: formata da figlie di uomini colti, e priva di qualunque sede, comitato o segreteria; un'associazione che non convocherà riunioni né convegni; né cerimonie o giuramenti. Il primo dovere delle aderenti dev'esser solo di non imbracciare mai le armi e di rifiutarsi, in caso di guerra, sia di fabbricare armi sia di prestarsi ad ogni altro contributo, incluso partecipare come infermiere. Il loro compito non è di incitare i fratelli a combattere, e nemmeno di dissuaderli a farlo: ma solo di mantenere un atteggiamento di estraneità: totale distacco e indifferenza. L'indifferenza (come la partecipazione) nasce dai fatti, ed è un fatto che la donna non capisce l'istinto che spinge il fratello a combattere, la gloria, l'interesse, la virile soddisfazione che il combattimento gli offre
L'istinto del combattimento è una caratteristica sessuale che lei non può condividere e nemmeno giudicare. Da qui il distacco che occorre tenere di fronte a un impulso completamente estraneo alle donne, tanto estraneo quanto sono riusciti a renderlo secoli di tradizione e di educazione. E' questa la distinzione fondamentale e profonda su cui può poggiare l'indifferenza. In tutto ciò la Woolf vede nelle donne una differenza foriera di impulso positivo ove capace di rifiutare una cultura inaccettabile e invasiva, la cultura maschile dominante.
Osservando impietosamente le eterne cause, che sempre lavorano anche in ognuno di noi, della violenza - vanità, brama di onori, di fama e potere, mettendo a confronto il punto di vista femminile e maschile sul tema del conflitto, Virginia Woolf invita a riconoscere i germi delle dittature.
Nell'aprile 1938, concluso questo lavoro, Virginia scrisse nel suo diario: e così Hitler sta accarezzando i suoi spinosi baffetti, e l'intero mondo trema; il mio libro sarà forse come una farfalla su un falò che si consuma in meno di un secondo.
Il riadattamento per la scena di questo saggio ne mostra tutta l'attualità, nell'interpretazione di Elena Ghiaurov che però non si esprime solo come un monologo: altri attori portano in scena diversi materiali citati nel saggio: articoli di giornale, frammenti di biografie, citazioni letterarie.
Con Elena Ghiaurov anche Massimo Castri, Luca Ronconi, Giancarlo Cobelli, Gabriele Lavia.  
Lo spettacolo, scritto e diretto dalle drammaturghe Paola Bigatto e Lisa Capaccioli, è una riflessione tutta femminile sul ruolo delle donne nella società, e sulla necessità di nutrirsi di nuove parole e suscitare nuove azioni contro ogni cultura della predazione.
Dal'11 al 29 novembre, Teatro Magnolfi. Posto unico 7 euro; info e prenotazioni tel. 0574/608501

Nessun commento:

Posta un commento