Facciamo un esempio.
A tutti i selezionatori del personale sarà
capitato (e spesso) di sentirsi dire dall'azienda cliente (benché negli annunci non possa apparire nessuna discriminazione
per sesso) che "preferisce un uomo" nella stragrande
maggioranza dei casi in cui deve selezionare a fini assuntivi
personale in ruoli impiegatizi di un certo livello, cioè ove ci siano mansioni
di responsabilità, coordinamento: ...e non perché non ritenga
preparate e adeguate le candidate donne ma perché gli uomini "hanno
più polso" non rischiano di assentarsi "per motivi
familiari" … eccetera.
Tutto ciò può arrivare a livelli addirittura di
ostinazione anche quando, nonostante fra i tanti curricula ricevuti le
migliori candidature, sia dal punto di vista oggettivo che soggettivo,
siano palesemente di donne.
E' difficile, anche se mai inutile, cercare di
fare consulenza al cliente mettendolo di fronte al fatto che cercare
a tutti i costi di prolungare la permanenza degli annunci, ad esempio, potrebbe portare si a trovare il candidato "uomo", ma non sempre con vantaggio: cioè
al rischio di ritenere più valido un curriculum carente solo
perchè di genere maschile.
L'impegno, quindi, deve essere di diffondere
nell'imprenditoria una cultura della parità di genere che si esprima sin dalle prime
fasi della vita lavorativa, senza nulla precludere, nella scelta, alle
persone che si vogliono inserire nell'organico aziendale.
Forse a ridurre i pregiudizi potrebbe concorrere un nuovo metto di selezione, volto a farsi un'idea prima basata sulle competenze, e solo successivamente completata dai dati personali (di sesso o di razza, ad esempio). Che effetto farebbe proporre in prima istanza solo candidature "anonime",
riportando nella presentazione delle candidature solo le esperienze
formative e lavorative?
Nessun commento:
Posta un commento