di Simona Volpi • Prossimamente a Livorno sarà presentato il primo studio di JULKA, l’ultimo
spettacolo di Associazione Compagnia DanzArte. Incontro Simonetta Ottone, che lo ha scritto e lo interpreterà, e le chiedo da cosa nasce questo nuovo progetto di teatro al femminile e
femminista.
“Le lettere delle donne si perdono, non fanno storia
anche se hanno intrecciato e subordinato la propria esistenza a quella di un
protagonista”. Il riverbero forte di Adele Cambria, di cui ho saputo la
scomparsa in Novembre, ha fatto nascere il desiderio di indagare un tema
particolare e complesso della storia italiana e mondiale. E’ nata quindi una
riflessione sulla storia universale, cioè degli uomini, cui non riusciamo a
attribuire alcuna fisionomia, odore, colore umano. Nella storia ufficiale le
donne sembra non siano state previste e incluse. Rimane un volto, mutilato e
sporco, di stati coercitivi, meccanismi violenti, giochi di potere e odio, in
cui le donne vengono viste semplicemente come fattrici, le donne non pensano,
devono produrre amore incondizionato al servizio dei progetti degli uomini.
Spetta loro “l’attesa” del compimento di un mondo pensato da e per il maschile,
che non comprende amore.
Chi è Julka?
JULKA è una donna, o forse un paese, di certo la
compagna di un grande protagonista della storia. Una Storia che dopo averla
messa a suo servizio, l’ha cancellata, irrimediabilmente. Hanno fatto
estinguere Julka, in modo premeditato. Dunque la sua assenza dalla ricostruzione
ufficiale della vita del grande uomo, mi è sembrata d’un tratto insostenibile e
immorale. Ho cominciato a cercare, a studiare, scoprendo un mondo stratificato,
di misteri e manipolazioni autorizzate.
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Questa donna
è dunque un personaggio reale o no? E’ esistita davvero?
Julka nasce dalle lettere taciute di Julca Schucht,
moglie di Antonio Gramsci. Al centro il novecento, visto con gli occhi di chi
al suo interno, non ha avuto né voce, né nome. Le donne non scelgono, ma quietamente
si ammalano, impazziscono, si ribellano così, per non tradire. Come accade
loro, alle tantissime donne ignote, cadute e sacrificate in nome della storia.
Tantissimi nomi femminili, pazienti e taciuti.
Tantissimi figli, consegnati agli Stati come ostaggi. Figli protagonisti
involontari delle loro piccole storie individuali, contrapposte a una storia
grande e collettiva. Mai compiuta pienamente.
Questa è una storia vera e emblematica del posto che
la donna ha nella Storiografia riconosciuta.
Su quali fonti hai lavorato?
Sono partita dalle “Lettere dal carcere” di Antonio
Gramsci, per approfondire la sua biografia, i suoi rapporti con i figli,
commovente “L’albero del riccio”, raccolta di favole che l’uomo scrisse per
loro in carcere. Ho cercato le risposte a queste lettere, che ho trovato solo
in “Amore come Rivoluzione” che Adele Cambria pubblicò per Sugarco nel 1976. Fu
la prima volta che qualcuno si preoccupò di cercare e pubblicare le lettere e i
diari delle tre sorelle Schucht. Ho approfondito la vita privata
dell’intellettuale, leggendo Maria Luisa Righi, e soprattutto gli scritti del
figlio, Giuliano Gramsci e del nipote, Antonio Gramsci Junior. Incontrando le
tesi che Franco Lo Piparo sostiene e documenta in “I due carceri di
Gramsci” e in “L’enigma del quaderno”
(entrambi di Donzelli editore, 2012 e 2013), ho potuto ottenere un quadro più
chiaro dei rapporti, molteplici e articolati, che hanno mosso i vari
protagonisti di una storia stretta nella morsa delle due dittature che hanno
segnato il novecento e il mondo che questo ha delineato nel contemporaneo.
Come è nato lo spettacolo?
JULKA è una storia dilatata in un tempo lungo di uno
spazio immenso, dalla Russia all’Italia, dall’Italia alla Russia, lungo decenni
di grandi sconvolgimenti. Vite che provano a agganciarsi, si incrociano
fuggevoli, ferite e innamorate. Vite che aspettano una giustizia sconosciuta e
clemente, nonostante noi. E’ una storia che contiene grandi sogni, grandi
drammi, infiniti enigmi, visto che il linguaggio cui ci si poteva affidare era
spesso esopico. Dopo tanto studio, il testo e la drammaturgia fisica, sono come
sgorgati, già intersecati in uno spartito distribuito in scene, gesti e parole.
Si è trattata di una elaborazione di anni in cui questa donna mi si è
letteralmente consegnata, come restituita dal tempo, o forse c’è sempre stata.
In Julka si narra, incarnando l’atto sacrificale di
sé, di parti di noi sparse in una diaspora che travalica l’eterno, migliaia di
giorni e di chilometri di niente. La lentezza allucinata dei ritmi russi, con
inverni senza fine e estati fresche e fugaci. L’attesa è ciò che scandisce la
vita di Julka, dei figli, come di Antonio, nel non senso delle passioni implose
e inesprimibili, stritolate da un tempo e un disegno tanto disumano.
Come si può esprimere tutto questo nell’arco di uno
spettacolo?
La vita di Julka, se è vero che è segnata dall’assenza
del compagno, diventa inguaribilmente compromessa anche a causa di un’assenza
ancora più disperante, sul piano della possibilità di elaborare e di auto
consolarsi di una realtà così spietata. Julka era una donna colta, una
musicista di talento. Per seguire, quasi sola, i figli e a causa delle
restrizioni economiche e di salute, lascerà per sempre il violino, che il
compagno peraltro non amava. La musica è ciò che più permea la sua nostalgia.
Ho così iniziato presto a confrontarmi con un
violinista, Andrea Cattani, che con rara sensibilità ha composto brani
originali, su cui si sono andate delineando le coreografie. Testo, musica e
danza sono andati di pari passo, dando origine a un lavoro composito e
stratificato. La supervisione registica è stata affidata a Julie Ann Anzilotti
e Francesco Niccolini, è stato un punto di riferimento per quanto riguarda la
drammaturgia.
Quando e dove andrà in scena JULKA?
Il 12 Marzo la presenteremo a Livorno, in un primo
studio, che vedrà la partecipazione anche della soprano Mayuko Iwasaki e la
consulenza di Aleandro Bacci. Il progetto nasce come indipendente e ha potuto
prendere vita grazie alla coproduzione venutasi a creare tra Associazione
Compagnia danzArte, Percorsi Musicali, Compagnia XE. Ci auguriamo di portare
presto JULKA in più contesti possibili, teatrali e non, come siamo soliti fare
con i nostri lavori. Ci piacerebbe portarla in quei luoghi che hanno fatto la
storia delle donne in Italia e che speriamo possano continuare a farla.