venerdì 27 gennaio 2017

Rise in solidarity! torna One billion rising

di Simonetta Ottone • Women's rights are human rights!


Come un grande organismo collettivo le donne si stanno  mobilitando in tutto il mondo. Dopo la recente  Women's March on Washington, in cui migliaia di donne hanno sfilato non solo per le strade di Washington, ma anche in oltre 100 città degli Stati Uniti e in altri paesi del mondo; dopo le mobilitazioni in Irlanda e di Varsavia, quella in Argentina e America Latina e quella di Roma durante l’autunno, la marcia delle donne continua inarrestabile. Fra pochissimo il flash mob mondiale contro la violenza di One Billion Rising; e intanto si prepara anche il grande sciopero delle donne, nella giornata dell’8 Marzo.


Nel mese di Febbraio, per la precisione il 14 (e non a caso nel giorno di San Valentino), nuovamente un miliardo di donne e uomini sono chiamati a danzare nelle strade di tutto il mondo per One Billion Rising 2017, la campagna del Movimento Internazionale V- Day. Ancora una volta un miliardo di voci si alzeranno per dire basta alla violenza su donne e bambine. La richiesta più stringente quest’anno sarà quella di manifestare la solidarietà che parte dalla fondamentale difesa dei diritti delle donne per abbracciare la tutela della dignità di ogni individuo perché "non può esserci pace senza giustizia ed uguaglianza".


Anche in Italia si stanno preparando migliaia di iniziative sparse su tutto il territorio nazionale. La Toscana vedrà la partecipazione di molte città e cittadine, in particolare sulla costa tirrenica e nell’immediato entroterra.
Tra i luoghi che faranno da teatro alle iniziative, Cascina, Pontedera, Livorno, ove è previsto un Cerchio di Donne e Uomini nell’atto del prendersi cura: un modo semplice per stimolare una cultura del confronto e dell’ascolto tra i generi.

mercoledì 4 gennaio 2017

Per un Nuovo Maschile; parte seconda

di Simonetta Ottone • Riprendiamo il discorso, già iniziato con questo post, con Desiree e Riccardo.

Il nuovo anno sarà pieno di appuntamenti importanti per gli uomini, dopo questo 2016 pieno di passi importanti:

Sono molti gli uomini che decidono di intraprendere un percorso?
(Desiree) Dobbiamo pensare che è molto difficile , per un uomo che agisce violenza, rivolgersi alla nostra associazione, per vari motivi.
Innanzitutto è necessario che l’uomo riconosca che ciò che sta agendo è una violenza. La nostra società, sessista a patriarcale, in questo non aiuta, anzi ostacola il riconoscimento. I media, la politica sono permeati di sessismo, e tutto ciò normalizza la violenza.
Viviamo in una società  che giustifica la violenza colpevolizzando chi la subisce e giustificando chi la attua, (la prima domanda che solitamente viene fatta a una donna che racconta una violenza è “cosa hai fatto tu prima?”), che istiga allo stupro, promuove e perpetua una visione stereotipata dell’essere uomo (forte, aggressivo, che ha potere, impulsivo) e dell’essere donna (remissiva, moglie devota, madre abnegante, “ritrosa” o “ seduttiva” a seconda dei contesti e delle persone). Una società che guarda la violenza messa in atto da altre culture e non quella perpetrata quotidianamente dentro le case degli e delle italiane. Visto tutto questo, se è difficile per una donna che subisce violenza rivolgersi ad un Cav ( centro antiviolenza), ancora di più lo è per un uomo, che oltre a fare lo “sforzo di consapevolezza” ancora osteggiato dalla nostra società, rivolgendosi a noi e chiedendoci di aiutarlo a cambiare sa che dovrà rinunciare a delle cose. Dovrà rinunciare al potere e al controllo che esercita sulla compagna. Al fatto di poter “sfogare” su di lei le proprie frustrazioni. In realtà, se ce la farà a portare a termine il percorso, avrà anche guadagnato tanto, in termini di benessere emotivo, soddisfazione nelle relazioni di coppia e con i figli. Ma occorrerà un grande sforzo, una grande messa in discussione di sé.
Gli uomini che si rivolgono a noi sono cresciuti con il tempo. Mentre inizialmente ci chiamavano soprattutto le donne per avere informazioni sul servizio, adesso ci contattano molti più uomini. Siamo passati da 7 uomini nel 2015 a  11 nell’anno in corso. Di questi, la maggior parte hanno deciso di intraprendere un percorso di cambiamento. Alcuni fanno un percorso individuale, altri di gruppo.

Come promuovere una cultura di genere più evoluta, quali gli strumenti e gli approcci che servono?
(Riccardo) Sarebbe sufficiente seguire la Convenzione di Istanbul, visto che l’abbiamo anche ratificata. Quindi:
-        campagne di sensibilizzazione sulla violenza di genere  in collaborazione con le Ong competenti (per non incorrere, ad esempio, in progetti del tipo “Questo non è amore”),

-       Trasmissione nei contesti didattici,ma anche nei centri sportivi e culturali, di temi quali la parità di genere, i ruoli di genere non stereotipati, il rispetto, la risoluzione non violenta dei conflitti. Questo, nelle scuole, attraverso l’uso di materiali didattici adeguati, in cui vengano raccontate e valorizzate le figure di donna che hanno fatto storia (scienziate, scrittrici, artiste) ,ma anche attraverso giochi e libri per l’infanzia liberi da stereotipi. A questo proposito sono fondamentali i progetti nelle scuole di vario ordine e grado, progetti sull’educazione all’affettività e alle differenze. Questi li portiamo avanti sia come singola associazione, sia con la Rete Educare alle Differenze Pisa, di cui facciamo parte

-        Formazione adeguata alle figure professionali che entrano in contatto con vittime di violenza e autori di violenza (dalle figure sanitarie, alle Forze dell’Ordine)

-       Responsabilità da parte dei mass media , nel trasmettere un’immagine rispettosa della donna, non quella stereotipata o degradata, che la vede ridotta a “pezzo di carne”, oggetto sessuale atto ad eccitare per vendere merce…venendo trattata essa stessa da merce, che si può toccare, comprare, abusare. In questo senso sarebbe necessario che lo Iap (Istituto di Autodisciplina pubblicitaria)  svolgesse veramente la funzione di vigilanza per cui è nato

-       Fra le tante cose che non richiederebbero  un investimento economico, ma darebbe risultati enormi, ci sarebbe un’adeguata attenzione al linguaggio, ad usare il femminile quando si parla di donne. Per il semplice fatto che in questo modo se ne attesta l’esistenza.

Come viene supportata l’attività da parte delle istituzioni pubbliche e private?
(Desire) La nostra associazione vive quasi esclusivamente di volontariato e di autofinanziamento.
Abbiamo un sostegno di tipo “morale”da parte delle Istituzioni, nel senso che patrocinano alcune nostre iniziative e mostrano di stimarci, ad esempio facendo il nostro nome o mettendoci in contatto con Comuni e scuole che sono interessati ai temi da noi trattati. Abbiamo anche sottoscritto dei Protocolli di Intesa, ma non riceviamo alcun tipo di compenso, nemmeno sottoforma di convenzione. Anche la sede (anteprima: da febbraio ne avremo un’altra) è totalmente a nostro carico. Per le nostre competenze abbiamo partecipato, con alcune associazioni attive sul territorio, ad un progetto per contrastare le discriminazioni legate   all’identità di genere ed orientamento sessuale (Progetto Ready), questo è al momento l’unico tipo di supporto concreto avuto. Progettiamo e partecipiamo inoltre a progetti di prevenzione e sensibilizzazione sui temi della violenza di genere nelle scuole. Mentre per interventi brevi non chiediamo alcun compenso, per progetti più strutturati riusciamo ad avere una retribuzione. In questo, oltre alla sensibilità di alcune scuole negli anni passati, aiuta il Decreto Buona Scuola.
Collaboriamo poi con vari Centri antiviolenza, Commissioni Pari Opportunità di vari Comuni, anche fuori dalla provincia di Pisa, e con Case Circondariali.
Abbiamo molti progetti, riceviamo attestazioni di stima, ma nessun fondo. Sarebbe invece necessario un finanziamento per la conduzione del gruppo di uomini che agiscono violenza, ad esempio, così come ne accorrerebbe per condurre gruppi con i detenuti nelle carceri.
Al Terzo settore (non solo ad associazioni come la nostra) è infatti richiesto di sopperire alle mancanze del pubblico, senza riconoscimenti né sostegni, se non di tipo simbolico.

Dal Vostro osservatorio sul campo, come viene gestito il tema della violenza dalla politica e dagli enti preposti? C’è sufficiente prevenzione, e come si contrasta un fenomeno crescente come questo?
(Desiree) Questa domanda apre scenari di cui dovremmo parlare a lungo, perciò mi limiterò ad alcune veloci considerazioni.
Sinceramente la politica mi sembra la meno adatta a gestire il problema della violenza: dal Decreto legge sul femminicidio del 2013 (come se la violenza di genere fosse un’emergenza e non un problema strutturale) , al blocco dei miseri e insufficienti fondi per i Centri antiviolenza (come se questi fossero inutili e i cav  dovessero continuare ad occuparsi  delle centinaia di migliaia di donne gratuitamente ma naturalmente con professionalità e per tutto il tempo necessario) al progetto “Questo non è amore” con i Camper della polizia di Stato (come se il problema della violenza fosse che le donne non sanno dove possono sporgere denuncia) al Fertility day (come se  le donne fossero incubatrici per la Patria) .. per non parlare dello scandalo dell’obiezione di coscienza, che il Ministero della Sanità continua a dire non essere un problema , che costringe le donne a peregrinazioni infinite, umiliazioni, aborti clandestini.
Sempre a livello politico è poi agghiacciante la schizofrenia fra i vari Ministeri, per la questione PAS (una sindrome inesistente inventata da uno psichiatra difensore di pedofili, sindrome usata per oltre vent’anni in varie parti del mondo e che ha portato, oltre al perpetuarsi della violenza su donne e figli/ie abusati/e,anche a tantissimi suicidi da parte di figli/ie abusati e costretti a frequentare padri abusanti e pedofili a causa di decisioni dei tribunali)…da una parte il Ministero della Sanità, concorde l’Ordine psicologi nazionale, ha dichiarato l’inesistenza della sindrome, allo stesso tempo il Ministero della Difesa ha ospitato Michelle Hunziker e l’avvocata Bongiorno, che tramite Doppia Difesa raccolgono fondi spacciandosi per difensore delle donne, in realtà continuando a parlare di Alienazione parentale, ovvero sempre della Pas (ma togliendo la S). Tutto ciò è gravissimo!
Anche ciò che è accaduto durante la discussione del decreto Buona Scuola è significativo: invece di dire che l’ideologia gender non esiste, è stato dichiarato che la Buona Scuola non promuove alcuna “ideologia gender”.
Abbiamo poi la questione dei Centri antiviolenza, di cui abbiamo assistito questa estate allo smantellamento, fra sgomberi per mancanza di sedi, chiusura di servizi per mancanza di stanziamento fondi…anche a Pisa, per oltre un anno la casa della Donna (attiva dagli anni ’90) ha visto in pericolo la propria sede..dopo un enorme lavoro le è stata garantita..per un altro anno. Per non parlare della questione economica.
E poi personale giudiziario, ancora troppi Giudici, avvocati/e, esponenti delle Forze dell’Ordine che non hanno adeguata preparazione su questi temi, formazione che , in ottemperanza alla Convenzione di Istanbul, dovrebbe essere obbligatoria.
Sinceramente mi sembra che a livello centrale, nonostante la ratifica della Convenzione di Istanbul, manchi una reale consapevolezza del fatto che la violenza di genere è fenomeno strutturale (non emergenziale), una violazione dei diritti umani, che riguarda in modo diverso tutte le donne (non esiste solo la violenza fisica, quella dei manifesti delle campagne), che causa fra le altre cose enormi problemi di ordine economico (discriminazioni sul lavoro)  e di salute. Un fenomeno che va affrontato con adeguati stanziamenti economici in modo da garantire il lavoro continuativo dei cav, e anche un sostegno ai nascenti centri per uomini maltrattanti, visto che è necessario lavorare perché chi mette in atto la violenza, smetta di attuarla.
Credo che, riguardo alla violenza come a tanti altri problemi, l’approccio sia tipo “emergenziale”, mentre dovrebbe esserci un maggiore investimento, e continuativo, sulla prevenzione. Nel nostro territorio troppi pochi sono i fondi stanziati , sia per la presa in carico delle donne vittime di violenza, sia per le campagne di sensibilizzazione e progetti di prevenzione nelle scuole. Purtroppo c’è una dispersione delle risorse in interventi non adeguati o portati avanti da singoli/associazioni/enti che si improvvisano su questi temi, complice anche la crisi economica.
Inoltre occorrerebbero maggiori risorse per la formazione, sia delle classi insegnanti, sia del personale sanitario e dei servizi Sociali, oltre a supervisioni periodiche.
Non servono solo le leggi, ma occorrono fondi costanti e adeguati, sostegno e collaborazione con le Ong e le associazioni competenti.

Quale relazione di genere è auspicabile, oggi?
(Riccardo)Una relazione di genere libera dagli stereotipi, perché questi ingabbiano uomini e donne. Una relazione libera da prevaricazioni, controllo e potere; in cui gli uomini siano liberi di entrare in contatto con se stessi, le proprie emozioni e il proprio modo di essere.
Una relazione che riconosca le donne come persone libere di autodeterminarsi, decidere di sè, del proprio corpo e delle proprie relazioni.