sabato 10 ottobre 2015

Se la carriera non è donna è perché i modelli di lavoro sono retrogradi

di Simona Volpi • Statistiche alla mano, che in Italia la carriera non sia donna appare come una verità consolidata. Anche là dove hanno la fortuna di avere un lavoro in cui fare carriera, difficilmente le donne raggiungono i vertici aziendali; fatto su cui potete trovare qui un approfondimento veramente interessante
Anche conseguire un semplice avanzamento di carriera è molto arduo; tra i tanti "ostacoli" c'è in primis il carico della gestione familiare, ma anche la scarsa grinta che le donne possono dimostrare quando si rendono conto di essere in un ambiente lavorativo dove le carriere femminili sono quasi totalmente assenti.
Ovviamente tutto a differenza dei colleghi uomini. Vero che la nuova riforma del lavoro operata con il Jobs Act ha fatto un importante passo avanti inserendo - in via sperimentale per il 2015 - interventi sulla Conciliazione vita-lavoro, come ad esempio l'estensione del Congedo di paternità anche ai lavoratori non dipendenti, l'estensione dei Congedi parentali che vengono estesi fino ai 12 anni del figlio (prima era fino agli 8 anni) e retribuita al 30% fino ai 6 anni (prima era fino ai 3 anni) e inoltre la possibilità di frazionamento giornaliero e orario del congedo parentale. Interventi che peraltro riguardano solo il periodo iniziale di gestione familiare, in cui i figli sono ancora piccoli. Ma tutto ciò non ha nessuna valenza ai fini di incentivare la donna a fare carriera e/o a far fare carriera alla donna. 
Il problema è il modello lavorativo che ancora prevale, molto rigido nelle dinamiche interne, dagli orari di lavoro alle continue trasferte richieste ai manager, ma anche a uno stile di leadership tipicamente maschile, che spesso richiede prese di posizione drastiche, accentratrici e senza condivisione con i collaboratori.
Modelli lavorativi impositivi e non condivisi contribuiscono a sbarrare la strada alle donne che, seppur competenti, non possono permettersi di tralasciare la gestione familiare troppo a lungo oppure tendono a uno stile di leadership più diversificato, se non naturalmente diverso.
Le aziende da sole difficilmente cambiano, servono allora interventi propositivi "esterni" all'azienda [come quelli proposti anche dal Jobs Act], che rendano chiaro come piani di carriera aziendali nel rispetto effettivo e concreto delle Pari Opportunità possano giovare grandemente a tutta l'azienda.
Esempi positivi giungono da diversi Paesi europei, fra i quali la Germania, dove nessuno si sorprende se una giovane donna occupa ruoli di responsabilità, mentre in Italia il management le ostacolerebbe la carriera solo perchè si pensa che a breve avrà una famiglia e non potrà più tenere i ritmi… Si ma quali? quelli della mentalità retrograda e obsoleta che ancora impera nelle nostre aziende, appunto.

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